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UNA DIFESA NATURALE DAI PIDOCCHI

La nonna Celestina, quasi ottantenne, ha le sue radici nella campagna modenese, in un paesino a metà strada tra Modena e Ferrara, dove la bassa pianura è veramente bassa e la terra secca produce in estate ottime angurie.
Una gioventù trascorsa nella campagna sino alla migrazione degli anni 60 che la spingono con il marito verso l’industria del milanese.
Nonostante il radicale cambiamento di stile di vita, la passione per la terra  è rimasta e nonostante la nuova ubicazione geografica un piccolo orto con giardino è sempre stato curato.
Una passione trasmessa da suo nonno, il Faustino, che da buon contadino anziano aveva il compito anche di istruire le generazioni successive su come allevare gli animali da cortile e coltivare gli alberi da frutto e l’orto. Supporto importante per  completare il sostentamento della famiglia, che come tante altre, era numerosa.
La prevenzione era ed è, come allora, alla base di tutto e soprattutto in primavera, quando la sfera della biodiversità si sveglia, si attivano i processi produttivi artigianali a sostegno delle coltivazioni. Il problema dei pidocchi e degli insetti fastidiosi alle colture esplode con i primi germogli e quindi l’intervento è necessario e deve essere ben mirato a salvaguardia degli stessi.
Ai tempi si utilizzava un mastello di legno, che poteva essere anche il risultato di una botte tagliata a metà, oggi è sufficiente un secchio grande. Il processo è rigorosamente a freddo, con acqua, un poco di schiuma di sapone di Marsiglia (allora lo si preparava in casa con la soda caustica, scarti di grasso di macelleria, e la saponaria profumata) cipolle ed aglio. Percentuali rigorosamente ad “occhio” e il tutto   lasciato a macerare per una settimana,  poi filtrato. Il liquido, travasato in uno spruzzino, si utilizza sulle foglie per le piante e fiori che si arrampicano mentre sui bassi ortaggi è preferibile bagnare alla radice per favorirne l’assorbimento. Il concentrato funziona ed era il rimedio comunemente utilizzato. L’importante è l’assorbimento sia delle foglie sia del terreno e quindi l’operazione non può essere eseguita se il tempo è incerto o vi è una  imminente piovuta. Se la precipitazione è imprevedibile, come un temporale primaverile, si deve attendere il ritorno del sole e l’operazione deve essere  ripetuta. Per la vite (si allevava la cultivar per il Lambrusco ora solo uva da tavola tra cui la storica Moscato dell’Adda) si prepara una miscela a base di solfato di rame, calce bianca con acqua, sempre a freddo, la sera prima dell’uso. Il mattino seguente  la si filtra e la si spruzza sulle foglie (ci racconta spesso che i filari, visti da lontano davano l’impressione di una nevicata) e questo metodo è applicabile sino al giorno di San Giovanni, 24 giugno, in quanto poi l’uva fa il mosto.
Questo metodo di prevenzione naturale, tutt’ora applicato, cambia solo, rispetto ad allora  per il sapone di Marsiglia che oggi viene acquistato e non più prodotto in casa.
La missione che oggi si è imposta la Celestina è quella di trasmettere a Saverio, il nipote, tutto il sapere acquisito in una vita di fatica e sacrifici su come coltivare un orto con il sistema più naturale possibile e soprattutto stabilire un rapporto di  amore e rispetto per tutto quello che vi è nell’orto.