Letture

TRE MESI NELL'ORTO BIOLOGICO. DIARIO DI UNA LAUREANDA IN AGRARIA

Pubblichiamo con gioia il delizioso racconto di Eleonora Serrati su una giornata nella Fattoria Didattica di Gianfranco e Daniele Zavalloni, e della loro grande mamma Verdiana (il papà Giorgio purtroppo non c’è più, leggi Giorgio e l’orto dell’ospedale, di Gianfranco Zavalloni, nella sezione LETTURE).

Qualche mese fa sono arrivata in una nave di legno. La sua chiglia è all’ insù, e incide un mare di nuvole e nembi. Molto carina, viene voglia di entrare in coperta.
Ora a guardare meglio si vede che è un grosso zatterone di legno, che solca una placida distesa erbosa dalle rive ghiaiose.
Per tre mesi m’ imbarco, si viaggia dappertutto senza salpare.
Le fibre del legno dei muri sembrano i profili dei libri che contiene, allegre celebrazioni di curiosità. Tutta la biblioteca lo è.
Ti rapisce e ti lascia svalvolata, dopo un giorno di dita che corrono sui fogli. Questo ricorda qualcosa… studiare!
Già, studiare…
…come scacchiare i pomodori, raccogliere le ciliegie, serbare le aromatiche…
Ogni giorno con Verdiana concertiamo il da farsi. Tante robe piccole e grandi, faticose o dolci.
L’ intorno conferma un senso alle azioni.
Rasserena.
Permette, con il suo esserci, di compierne sempre e ancora.
Io e il verde siamo in società. Bella la vita sociale in campagna. La natura è una compagnona, e fra amici è un piacere darsi una mano. Io annaffio te, tu dai un pomodoro a me.
L’ armonia del tutto riecheggia nell’andamento ipnotico della chiocciola delle aromatiche. Officinali, direi. Tutte le piante sono piccoli portenti della terra, e qui all’ Ecoistituto possiamo accudirle e osservarle.
A parte la gramigna, devo dire che mi stanno tutte veramente simpatiche; e pure quelle del gruppetto delle baldanzose (portulaca, lingua di cane, “lacscian” e quelle specie di cicoriette), da quando ho scoperto che al vapore non sono niente male. Appena colte, da volare in pentola, non c’ è un attimo da attendere! Verdura viva, appena spiccata. Quasi quasi mangio direttamente nell’orto.
Il tempo, qui, è a tua personale interpretazione. L’unica cosa, lo sai, è che è meglio svegliarsi presto, ché il sole scalda altrettanto presto.
C’ è tanto da girare in tondo, in qua e in là, in su e in giù. Posso andare dappertutto, fare un sacco di cose, in mezzo alle piante che sono lì, padrone di loro stesse. Che tipe affascinanti, e quante cose insegnano. Sono silenziose, ma a volte basta uno sguardo, no?
Ops! Presto, i radicchi chiedono acqua.
Uh, le ciliegie si lasciano cadere, raccattiamole!
Oggi mettiamo le luffe nella bella serra di ferro architettata da Giorgio. Ha costruito anche il vecchio pollaio, che smontiamo per interrare le cisterne dell’acqua piovana.
Già, le galline! Lì, sotto il tetto da inerbire, anche a loro occorre badare. In cambio si riceve un uovo ancora tiepido. Da bere subito!
Magari ci fosse tempo; arrivano i bambini, bisogna preparare tutto. Eccole, quelle apette frenetiche. Guarda come vanno a destra e a manca. Spingessero pure la cariola… Dai, continuate a giocare e a gridare, qui si può. Anche sdraiarsi e guardare le foglie. O chiacchierare con gli amici. Una gara di corsa fra i filari, che c’è di male!
“Pratatatatà” è partito il trattore, fate largo! Raf porta giù rami, canne e fascine.
Ha già erpicato un pezzettino e viene in qui. Come il fiume che scorre accanto.
Sono andata a trovarlo, una volta. L’ ho visto un po’ maluccio, sinceramente, ma non gli ho detto niente. Scorreva placido, come se nulla fosse, incurante
dell’odore di pollina che trascina con sé. Ha originato questa terra che ci sfama, ha scavato la piana e, liscia oggi liscia domani, ha accumulato questa argilla nella quale posiamo le piantine; che graffiamo e bagniamo, che è pane minerale.
Qui si trova di tutto. Erbe, frutti, verdure…
Certo, tutto fa il suo tempo, ma la malinconia per le ultime albicocche lascia spazio all’ entusiasmo delle pesche. Qui c’è anche la profumata Bella di Cesena, dalla polpa bianca. Daniele mi ha detto un segreto: fa un albero dal suo seme.
I filari e i solchi, l’arnia e le aiole del sinergico… innumerevoli scoperte! Gianfranco sistema i sentierini di canne e residui triturati. Aggiungo paglia.
I bambini non ci sono adesso, ma torneranno. Lo dicono i burattini seduti nel Laboratorio, i piccoli spaventapasseri costruiti da una classe, l’Aula di Ecologia all’Aperto in attesa di ritrasformarsi in un campo da pallavolo.
Lo sa anche Klaus, che appena può si aggrega, scodinzolando, a qualche nuovo visitatore, per precederlo nel percorso che sa a memoria. Oppure raggiunge me e Anna intente a cavare cipolle, tanto per stare assieme. Se poi mi metto un po’ sull’amaca, certo che viene a godersi un po’ d’ombra davanti casa.
Ah, che siesta! Il sole comincia a scendere, dai che si torna nell’orto.
C’è da raccogliere le taccole, piantare le zucche, tagliare i polloni…
E’ l’ora migliore per dissetare le piante.
C’è pure un frutteto nuovo di piante antiche, che escono dalla teoria dei cataloghi orticoli, per fare testimonianza e rinnovare il passato in getti verdi.
Basta piantare le piante, usarle e viverne, per scongiurare la loro scomparsa. Amare la terra e ricevere altrettanto. Innamorate sono anche le ranocchie, a mollo nello stagno. Il loro gracidare si perde fra le canne che puliscono l’acqua, mentre il sole comincia a calare verso la collina.
Anche oggi qualcuno è passato di qui, per caso o in banda, a raccontare, discutere, assaggiare, proporre, leggere, stupire.
Preparo la cena e vedo l’ovetto che mi ha regalato la “azdora”. Dice che il primo, piccino, delle ovaiole appena arrivate va regalato a una “burdela”:
“Me lo diceva mia madre: la ragazza che lo riceve impara a fare tutti i mestieri.”
Un bel piatto di verdure, qui l’abbondanza non manca mai.
Affondo gli ultimi pensieri del giorno in qualche pagina fitta fitta, mentre il legno scricchiola e schianta, e il bastimento si prepara a un nuovo giorno, un altro viaggio.
Eleonora Serrati