Letture

PAGINE PROFETICHE CHE RIMANGONO NELLA STORIA DEGLI ORTI CONDIVISI

Orti insorti è un libro, è stato un bestseller dei gloriosi Millelire di Stampa Alternativa, aggiornati a un euro, ma non è solo questo. La sua genesi avventurosa nasce da molteplici incontri e viaggi. Elena Guerrini, scrittrice, suo Bella tutta per i tipi di Garzanti, attrice di solida formazione, incontra Libereso Guglielmi, il giardiniere anarchico e visionario di Italo Calvino. Questi, condividendo il comune innamoramento per la terra, le fornisce il recapito di Pia Pera, la grande giardiniera.

DALLA LIGURIA A LUCCA Elena corre. Racconta del tè preso sotto la veranda, «come due signore inglesi», e dell’immediata rispondenza di contenuti. «Devi scrivere un libro, questi ricordi di tuo nonno Pompilio non vanno perduti!». E così è. In un mese Orti insorti vede la luce. La storia prende le mosse dalla solida narrazione contadina della tradizione toscana, ha la forza della lingua più rustica ed inventiva, è del tempo nel quale i bambini ascoltavano le storie davanti al focolare. Questo mondo rivive e sono passati una decina e più d’anni, in uno spettacolo che Elena Guerrini stessa porta in giro (siamo giunti ad oltre millecinquecento repliche). Il libro ha venduto oltre diecimila copie.

E’ UN AGILE VOLUMETTO che senza fronzoli scodella le verità crude dell’oppressione e della protervia dei padroni, chiamati con il loro nome, che imbrogliano dall’alto di una tracotanza che avvilisce l’ignoranza in fatto di matematica dei contadini. Racconta delle gioie e dei dolori di una vita vera dove uomini e donne vivono al ritmo della natura. E ci si scompiscia e ci si arrabbia e commuove.

«UNO ZERO NON CONTA NIENTE» e solamente nonno Pompilio, il protagonista assoluto, con il suo avere studiato e viaggiato, apre gli occhi ai mezzadri: «Lo zero conta, eccome». E questo racconto incrocia la fine delle lucciole di Pier Paolo Pasolini, laddove qui sono le luci di un autogrill a sostituire il sole al tramonto per colpa di una autostrada che viene costruita proprio sui terreni del nonno.

«ORTI INSORTI» SI CHIAMA così ed è giusto perché, senza troppo volere svelare, qui gli alberi vengono chiamati, anzi proprio invocati, per nome e a gran voce. Le stagioni si susseguono e tutto dalla terra arriva e quello che non arriva, non è necessario. Prima del pensiero della decrescita, prima del nascere di qualunque pensiero ecologista, il mondo contadino sapeva fare affidamento sui ritmi delle stagioni e sulle pratiche agricole, sul baratto, sulla condivisione e sulla solidarietà di vicinato. E’ forte, Elena Guerrini, quando recita Orti insorti, nell’evocare oggi che cosa ci serve per uscire dal tunnel della fine delle risorse: «Bisogna ascoltare nonno Pompilio, bisogna seguire i consigli di Vandana Shiva e riprodurre le proprie sementi, sottrarsi all’abbraccio mortifero delle multinazionali del transgenico».

ERAVAMO A CESENA, nel marzo del 2009, quinto convegno della Rete degli Orti di Pace. Organizzatori i fratelli Zavalloni, indimenticato Gianfranco, educatore e disegnatore, e Pia Pera. Duecento intervenuti. A sera, Elena Guerrini si produce in una replica memorabile, questo libro che è anche monologo e adesso anche un vino, un ciliegiolo rosso, antica varietà toscana. Rimarrà nella storia del movimento degli orti condivisi nel nostro Paese, è un unicum, uno strumento prezioso. I Gas, gruppi di acquisto solidali, sono stati i committenti di questo lavoro, esso è andato in scena nei migliori teatri italiani, dal Franco Parenti ai festival più prestigiosi, ha valicato le frontiere arrivando in Polonia e negli Stati Uniti. Depurato dai toscanismi e dalle bestemmie di nonno Pompilio, è entrato nelle scuole e, con la collaborazione di Anna Bertola, è un gioco per bambini (i semi come pedine).

RECUPERANDO LA TRADIZIONE popolare delle veglie, Elena ha anche riproposto le recite serali dove si entrava «a baratto» ed il biglietto si pagava in natura. Il libro si può chiedere presso «[email protected]».

Articolo di Teodoro Margarita sul Manifesto del 30 dicembre 2021