Letture

MENTE E TERRA

Strappavo le erbe infestanti dall’aiuola delle officinali.

Mi hanno sorpresa la fatica e la difficoltà del lavoro. Nulla a che vedere con la facilità con cui, il giorno prima, avevo ripulito in un attimo l’aiuola delle peonie: lì le infestanti venivano via al primo strappo. Curioso: in un’aiuola sradicare era molto faticoso, nell’altra facilissimo. Ecco il motivo: nell’aiuola delle peonie il terreno è lavorato da anni. Ha perso la durezza iniziale, è stato attraversato dalle radici della menta e altre erbe, alleggerito dalle frequenti pacciamature, ovvero l’applicazione di strati di foglie secche che, decomponendosi, si mescolano al terreno argilloso mantenendolo più morbido, umido e friabile. In un terreno così lavorato, le infestanti germinano, sradicarle non richiede tuttavia sforzo alcuno, dal momento che vengono via al primo strappo.

 

Qualcosa di simile avviene in una mente ben lavorata: i tre veleni vi sorgono come in qualsiasi altra mente – l’atmosfera è percorsa da semi ed energie d’ogni genere –  senza però radicarsi con forza tale da rendere un’impresa lo sradicarli. Attraverso una mente ben lavorata, i veleni transitano senza trovare appiglio, fluiscono senza stagnare.

 

Nell’aiuola delle erbe officinali, più recente, il terreno è invece assai meno lavorato. Per questo le infestanti trovano saldo appiglio, le radici si ancorano fermamente nel terreno duro, non basta tirarle, occorre invece penetrare energicamente con il forcone, smuovere la terra dondolando avanti e indietro, fino a che le radici perdono la presa e vengono via, non del tutto però, perché qualche radichetta resta permettendo a volte la nascita di una nuova pianta. Non basta quindi sradicare le infestanti, altrettanto importante è non smettere di circondare le piante officinali di paglia o sfatticcio di foglie, in modo da scoraggiare l’attecchimento di nuove malerbe e alleggerire la terra rendendola un substrato capace sì di nutrire, senza però chiudere in una morsa le radici delle piante. Ospitare senza imprigionare. (A rigore, poi, non esistono erbacce: le erbe possono presentarsi tutte buone e belle, chiamiamo erbacce quelle che crescono dove vogliono loro, senza chiedere il nostro permesso: “erbacce” è un termine dell’io-mio. Chissà se anche i cosiddetti tre veleni sono tali solo per la nostra mente, come certe bacche per noi velenose nutrono uccelli e serpenti, o come erbe da noi considerate infestanti agiscono altrove come un pronto soccorso per suoli malati.)

 

Mente e terra, entrambe vive, vengono quindi lavorate in modo affine, hanno tempi analoghi, e questo giustifica, rendendolo plausibile, l’uso di un termine metaforico come “sradicare” applicato alla mente, dove a rigore non crescono piante, né ci sono radici. Come la terra, nemmeno la mente può venire “sistemata” una volta per tutte, occorre tornarci ogni giorno, fare quanto è necessario per mantenerla duttile, nutrita, fertile.

 

Per un giardiniere, per un contadino, questo è normale. Come il lavoro dei campi, anche il lavoro interiore non è qualcosa di risolvibile una volta per tutte, richiede bensì assiduità e cure quotidiane. Non finisce mai – è un lavoro coesteso nel tempo alla durata stessa della nostra vita, che in questo lavoro trova forse la sua giustificazione – anche se, di regola, diventa meno faticoso man mano che si va avanti, e la terra/mente ben lavorata oppone minore resistenza.

 

Mettere a dimora, innaffiare, pacciamare, sradicare, mettere a dimora, pacciamare, innaffiare, sradicare… delle cose vive non si può mai smettere di prendersi cura. Che gioia, prendersi cura di cose vive.

 

 

 

 

 

                                                                                                                                             Pia Pera