Letture

MEMORIE DI UN “PERDIGIORNO”

Non ho un orto. E nemmeno un giardino. Solo una veranda con qualche vaso fiorito. Ma quando esco dal mio piccolo rifugio di campagna, cammino e vedo alberi, galline, lavande, ombrellifere, acacie, margherite, olivi, cipressi, rosmarini, salvie, allori, tigli, grano, girasoli, e chi più ne ha più ne metta.

Cammino e osservo imperscrutabilmente fiori ed erbe ovunque, ai margini della strada, nei fossi dei campi, ai piedi dei muretti, fra le fughe delle pietre, nei greppi degli orti, ogni cespuglio, ogni albero, ogni massa di verde che palpita e respira intorno a me.

Poi, molto più spesso di quanto mangi o beva, sfoglio riviste, leggo libri, guardo immagini a tema squisitamente botanico, mi incanto ad osservare i dettagli dell’edera che abbraccia la finestra del casolare, il tiglio che rinfresca la corte del palazzo, l’ortensia che materna e gioiosa illumina il giardino ombreggiato della casa colonica, il mazzo di fiori che con fare naturale e selvaggio esalta il comodino di un letto antico, il grano maturo che, raccolto, riscalda il centro di un tavolo rustico in legno. E’ un esercizio di spiccata fantasia, benché abbia sempre ritenuto di possederne poca, se non mista a sfrenata curiosità. Mi serve per costruire un sogno, un immaginario in cui coltivo con forza un sentimento di meraviglia, di stupore e di magia, che vorrei pervadesse la mia vita. Un sentimento in realtà nutrito di una grande semplicità e naturalezza, disperse ormai nella routine disorientata dei tempi moderni.

In fondo mi basta poco, alla fine di un giorno stanco, per riconciliare lo spirito: qualche fiore colorato in camera da ammirare prima di coricarmi, la finestra aperta di camera con vedetta sulla collina, una candela accesa, un buon odore, una canzone, la pagina di un buon libro, una fetta di buon pane con il pomodoro fresco.

E’ difficile spiegare perché è nato in me questo amore così puro per la bellezza e per la madre terra. Probabilmente lo avevo dentro, come tante cose della mia vita, ma dovevo imparare a leggerlo, come tante cose della mia vita. Devono succedere, le cose, per riuscire a capirle ed esserne consapevoli.

Con sincerità ed estrema gratitudine posso affermare che la svolta è avvenuto con “Orto di un perdigiorno”, grazie alla sopraffine penna di Pia Pera. Ricordo che il giorno che acquistai il libro, entrai svogliata in libreria, uno dei luoghi in cui mi sento meglio al mondo, ed iniziai a scorrere il dito sulle costole ordinate dei libri, uno di fianco all’altro, bisbigliando sotto voce i titoli, con la testa reclinata come a carpire “cosa” ci fosse dentro ad ognuno di loro. O.R.T.O. D.I. U.N. P.E.R.D.I.G.I.O.R.N.O.. Titolo in verde su sfondo bianco. Autrice Pia Pera. “Boh, non la conosco, proviamo”.

Portai a casa quello scrigno prezioso di ispirazioni, ambizioni e sogni e lo lessi in un momento particolare della vita, aspettando la nascita di mio figlio Federico, un momento in cui le difese erano abbassate, le rigidità ammorbidite, le tensioni addolcite. Un momento di grande apertura. L’ho terminato con lui in braccio, disteso sul mio grembo ed attaccato al mio seno, lasciando che la primavera entrasse dolcemente dalla finestra.

Sfogliare le pagine del libro, percorrerne le righe, tornare indietro e leggerle nuovamente, segnare le citazioni, ha significato cogliere profondamente lo spirito di Pia Pera, curioso, sfrontato, sincero, puro, gioioso, avventuroso, irriverente, erudito. Avvertii da subito una vicinanza, come se quelle azioni descritte da Pia fossero il bene, il giusto, il futuro cui aspirare.

 Mi si è aperto un mondo, non lo nego. Qualcuno è venuto a dirmi “Svegliati, sei anche questo, ti appartiene, devi farlo!”. Come per magia. Come quando Mary Lennox trova la chiave del giardino segreto e corre ad aprire la porta, violando il mistero. Oltre quel muro nascosto, celato e taciuto, si è aperto un paesaggio di suprema magia, un luogo in cui avverti una verità totale, come fosse il centro del mondo. Sarà poi che quando cerchi di essere una madre, senza che nessuno te lo insegni, attui subito dei propositi di “bene”, ambisci a delle condizioni di armonia, e quindi tutti gli slanci sono orientati verso il bello, verso la pace, verso la verità.

Nell’esperienza narrata da Pia nel libro, si ammira la sua immensa destrezza botanica ed agricola, nonostante quello fosse il suo “ esordio” di ortolana, anche se la grande esperienza di letterata ne fa una profonda conoscitrice della materia sin da subito. E’ straordinaria la capacità di descrivere i colori dei frutti, delle piante, delle stagioni, leggere ti sembra di mordere un gelso, ti sembra di sentire il sudore della terra, di soffrire la calura estiva, di sentire l’odore della pioggia autunnale abbattersi in giardino, l’odore del gelo invernale. Tutto resta tatuato nella mente. Anche oggi, a distanza di anni. Ma non solo.

Nella narrazione di Pia, ho visto la scoperta della natura, vivere in linea con essa, scoprirne i frutti, apprezzarli come dono di vita, insomma ci ho visto un senso di verità, che non ti viene espressamente spiegato ma che riesci a cogliere pagina dopo pagina, con l’avvento delle stagioni, dei mesi, cresce come i bocci delle rose, come i fiori dei pomodori che diventano tali prima o poi, come l’alba che diventa sole a picco, come il cielo nero che esplode in tempesta. Tutto giunge a maturazione, come la nostra stessa vita. Le tecniche di coltivazione, il loro studio e la loro programmazione, le prove continue, i tentativi costanti, i fallimenti, i risultati vittoriosi sono il paradigma di ciò che ci accade nel nostro percorso, di ciò che è la vita. Una serie continua di scelte, momenti di entusiasmo, di profusione di energia e momenti di scoraggiamento, di errori, di tristezza. L’organizzazione di un orto o di un giardino, la scelta di cosa ci andrà collocato e del luogo in cui andrà collocato è la misura di ciò che riteniamo giusto avere attorno, è archetipo di casa, costituisce un modello esemplare di dimora, nella quale torneremo a esistere.

Al termine dell’ultima pagina, rimane sospeso un sorriso, hai negli occhi un sogno e cerchi di capire da che parte iniziare.

Camilla Lombardi