Letture

INTERVISTA A LUISA GASTALDO

Ho conosciuto Luisa Gastaldo un giorno di settembre del 2006, a Pollenzo, dove ero andata a illustrare il portale ortidipace come strumento forse utile anche nel contesto del progetto Slow Food “Orti in condotta”. Luisa stava appunto seguendo il corso per formatori all’interno di quel progetto.

Mi colpì per una sua aria raccolta, partecipe e ironica al tempo stesso. Compresi di avere di fronte qualcuno che, come me, nell’orto vedeva ben oltre il semplice approvvigionamento di materie prime per la cucina.
Forse avete già letto i bei testi inviati da Luisa, e qui pubblicati. Per ora sono due: uno sull’incanto dell’orto notturno, l’altro sulla storia del suo orto a Buja, in Friuli. Ve li raccomando!
Sono stata nell’orto di Buja, e l’ho molto amato: è un luogo accogliente, dove gli ortaggi sono coltivati con moderazione, in piccole strisce di terra, con attenzione rivolta più alla grazia e all’espressività che non alla quantità del raccolto. Un luogo capace di accarezzare grandi e piccoli nei sentimenti più intimi, di lasciare assaporare quello stato di libera contemplazione da cui capita di venire colti a contatto con la natura addomesticata in spirito di affettuoso rispetto.
La sensibilità con cui è stato progettato l’orto, e la delicatezza della scrittura di Luisa, mi hanno fatto venire voglia di saperne di più.
PIA Cara Luisa, mi hai raccontato a grandi linee la tua vita, facendo a volte la libraia, altre l’artigiana, tra Italia e Germania. Poi, l’orto. Vorresti dirmi qualcosa di più su questo tuo incontro con l’orto, mi piacerebbe sapere se hai avuto fin da piccola dimestichezza con le piante, o se questo incontro è capitato più tardi.
LUISA C’è un ricordo della mia infanzia riaffiorato solo in anni recenti. Si tratta, pensa un po’, di un orto scolastico. La mia maestra era piccola e minuta, arrivava da Schio e viveva in una stanza riscaldata da una stufetta a legna, all’ultimo piano di un vecchio edificio che ospitava la scuola materna, una ventina di bambini dai tre ai cinque anni. Ricordo aiuole appena lavorate e l’insalatina verde tenero. Ricordo anche di aver maneggiato con difficoltà non so quali attrezzi, forse rastrello e zappetta… Sempre bambina ho imparato a raccogliere erbe selvatiche, era la mia caccia al tesoro. Da allora questa ricerca è diventata una delle mie attività predilette. Sono cresciuta a contatto di un mondo contadino del quale mi ferivano la rozzezza e la crudeltà. Di quell’ambiente, patriarcale e autoritario, percepivo solo gli aspetti negativi e  ho voluto al più presto allontanarmene. Però mi sentivo orfana, mi pungeva una nostalgia di orizzonti verdi, di odori e silenzi che nei momenti difficili si faceva acuta. Così sono ritornata. A curarmi le ferite, pensavo. Al mondo contadino era subentrato quello degli ipermercati. Distante da entrambi, ho cominciato a ricostruire relazioni con la terra e le persone, a coltivarle così come avevo sempre desiderato che fossero, compiendo finalmente il mio primo, vero, liberatorio atto creativo.
PIA Come è successo, in particolare, che hai pensato all’orto come attività didattica, tu che non sei maestra?
LUISA Quando sono tornata a vivere in campagna e ho avuto un mio orto, ho subito voluto condividerne la gioia. A questo desiderio si accompagnava la necessità di una riflessione critica e condivisa sul rapporto degli uomini con la natura. Una istanza etica.
Ho pensato che i migliori compagni di avventura dovevano essere i bambini.
Pur nutrendo alcune perplessità sul fatto di non possedere una adeguata formazione in ambito didattico e pedagogico, mi sono lasciata guidare dall’istinto, rispettando i loro tempi, accompagnandoli in ogni loro scoperta, sollecitando emozioni intellettuali, estetiche, sensoriali…
PIA Mi racconteresti qualcosa su come si svolge l’insegnamento? Cosa succede, i bambini arrivano nel tuo orto didattico di Buja, vengono accompagnati dalle loro maestre?
LUISA I bambini arrivano con il loro allegro scuolabus giallo accompagnati dalle insegnanti, una classe per volta, fatto che mi consente di coinvolgere ciascuno di loro. Li aspetto con impazienza sulla strada, vestita da ortolana, sempre molto emozionata. Il percorso è preciso, costruito con strategia accurata in modo da tenere la loro curiosità sempre accesa. Prevedo almeno due visite, perché possano conoscere l’orto in momenti diversi e perché sperimentino la semina e la raccolta.
Succede che le aiuole vengano adottate da più classi: in questo caso i bambini si scambiano informazioni su cosa sta succedendo nell’orto in loro assenza. Staniamo dal compost gli animaletti decompositori, prepariamo biscotti alle nocciole o tisane con le aromatiche, studiamo il profilo del suolo e facciamo gli esperimenti con i terreni, individuiamo i microambienti, inventiamo filastrocche, misuriamo aiuole e naturalmente le coltiviamo… Le cose da fare e da osservare sono talmente tante che con le maestre è necessario individuare e circoscrivere i temi. Tengo molto alla loro collaborazione e fornisco con buon anticipo la microprogettazione degli incontri.
PIA Mi piacerebbe sapere anche della tua attività di “insegnante di sostegno”, come quando insegni ad Alesso, ad Ospedaletto. Ci racconti qualcosa di quelle scuole? Quando ci vai, lavori la terra con le tue mani, la fai lavorare ai bambini? Oppure insegni alle maestre, e poi le lasci sole alle preso con i bambini?
LUISA Ogni scuola è una realtà diversa, ogni insegnante ha particolari esigenze e aspettative. Nelle due scuole che citi la sfida è quella di fare dell’orto lo sfondo integratore di tutte le discipline.
In altri casi intervengo nelle scuole come “esperta”, portandomi sempre dietro materiali di ogni tipo.
Negli orti scolastici arrivano per primi gli adulti volontari, ciascuno con le proprie competenze e possibilità: chi fa le lavorazioni profonde, chi porta lo stallatico, chi le pietre per il muro a secco, chi le tavole per costruire il deposito degli attrezzi. Poi ci lavorano soprattutto i bambini, ai quali spiego le operazioni che poi “interpretano”, seguiti, corretti, interrotti per informazioni o approfondimenti. Ogni atto è gioco, esperimento, conoscenza. Ci lavorano infine le insegnanti che mi affiancano e che in mia assenza portano avanti i lavori in calendario, ben contente di dedicarsi ad attività che a casa non hanno tempo o modo di praticare.
PIA Un dettaglio che forse interesserà chi volesse seguire le tue orme: ci sono amministrazioni, regionali provinciali o comunali, che sponsorizzano questo genere di attività? A cui si possono chiedere fondi? Si possono chiedere sponsorizzazioni anche a privati? Tu, in Friuli – immagino sia diverso in ogni regione – come ti sei mossa? Pensi che questa attività di “maestra dell’orto” sia abbastanza bene remunerata da potere venire considerata come una possibile professione?
LUISA Da un lato l’autonomia regionale dall’altro quella degli istituti scolastici fanno sì che ogni progetto abbia caratteristiche proprie e supporti economici di origine diversa. Nel Friuli Venezia Giulia, ad esempio, bandi regionali destinati alle scuole e gestiti dalle province sostengono iniziative relative a pace e convivenza, ambiente, alimentazione, mobilità… A questi si possono aggiungere i contributi di enti locali quali comuni e comunità montane, collinari, ecc. e di istituti bancari radicati nel territorio. Personalmente lascio agli insegnanti più motivati l’impegno di mettere in moto i vari meccanismi di finanziamento, per il tramite dei loro dirigenti scolastici.
La tua ultima domanda un poco mi imbarazza: vorrei risponderti che sì, quella di “maestra dell’orto” potrebbe essere una professione. Per quanto mi riguarda sono poco disinvolta nelle pubbliche relazioni finalizzate al reperimento di fondi, o nella promozione delle mie attività.
Inoltre la cura dell’orto didattico richiede tempo e fatica. Infine ti confesso che vivo queste esperienze con grande intensità emotiva, con estrema attenzione per i dettagli, riservando un parte del mio tempo anche allo studio, all’aggiornamento, alle “esplorazioni”. Mi risulta che i compensi orari oscillino tra i 40 e i 70 Euro e finiscono per essere inversamente proporzionali al numero di ore. Molti affiancano all’attività didattica quella vivaistica, o di consulenza, o di progettazione di orti, giardini, eventi…
PIA Lavori sempre insieme a Slow Food, o fai alcune cose con loro altre per conto tuo? Dopo avere seguito il corso di formatore, come si configura il legame con Slow Food?  Mi racconteresti qualcosa anche delle altre “maestre dell’orto” in Friuli e altrove?
LUISA  La bella esperienza del corso di formatore degli insegnanti organizzato da Slow Food per la rete degli Orti in condotta mi ha consentito di approfondire idee che fino a quel momento non avevo avuto modo di condividere. Il loro obiettivo è articolato e ambizioso, apprezzo in particolare lo sforzo di collegare l’orto scolastico alle peculiarità locali, cercando di conservare le varietà autoctone e costruendo comunità dell’apprendimento che coinvolgano anche i produttori. Ho mantenuto i contatti e seguo da vicino le loro iniziative, anche se di fatto i miei interventi hanno una diversa impostazione e prevedono un diretto rapporto con i bambini.
PIA Torniamo all’orto vero e proprio. Cosa ti piace coltivare di più? E le erbe spontanee, ce ne sono di più bene accolte di altre? E cosa usi, come concime?
LUISA Se parliamo di predilezioni, ce ne sono diverse: fragole e lamponi perché mi piacciono tanto, i legumi per quel loro modo di sbucare dal terreno, le patate pellerossa perché portandole alla luce sembrano rubini risaliti dalla profondità della terra, le zucche perché sono imprevedibili e corrono in tutte le direzioni. In realtà ce n’è per tutti e mi fermo per non farla lunga. Per le erbe spontanee vale lo stesso discorso, vorrei anzi parlartene per ore. Comunque le mie preferite sono tarassaco, borragine, ortica. Cerco di migliorare il pessimo terreno che mi è capitato in sorte con quello che capita, a seconda delle stagioni: gesso agricolo e farina di pesce, compost, macerato di ortica, stallatico (una carretta all’anno da parte di un allevatore bio).
PIA Vista la manifestazione da te organizzata ogni anno, Ortografie, mi piacerebbe che mi raccontassi qualcosa delle tue letture orticole, e anche delle tue scoperte di pagine orticole anche nei libri più insospettati, come i Promessi sposi!
LUISA Orto-grafie nasce per valorizzare gli orti, per farli apprezzare in tutti i loro aspetti, oltre a quello della produzione. Accade che nell’Orto del Tasso Barbasso arrivino fotografi, poeti, scrittori le cui scritture creative non sono necessariamente legate al contesto che li ospita. La loro presenza è frutto di incontri casuali, come casuali sono i miei incontri con i libri, a parte alcune antiche passioni. Anzi, da quando c’è l’orto le mie letture si sono un po’ rarefatte a causa dell’impegno e della fatica che gli dedico. Per la segnalazione di libri belli e interessanti conto molto su Ortidipace!