Orti condivisi e terapeutici

L'ORTO DEL TASSO BARBASSO

Vi racconto l’Orto del Tasso Barbasso.

Parto dalle coordinate geografiche e cronologiche: scrivo da Buja, provincia di Udine, Friuli collinare. Ci arrivai sette anni fa. Dapprima nacque l’orto, che coltivavo appena mi era possibile lasciare la città.

Fare l’ortolana pendolare è stata una vera pena… Finalmente si provvide a dotare l’orto di una casetta prefabbricata. Quindi prese consistenza l’Orto, un’ aula didattica all’aperto che di anno in anno amplia le sue aree tematiche… L’accesso piuttosto scenografico, preceduto com’è da una serie di quinte verdi, si restringe in un breve tunnel di sambuchi e noccioli per poi aprirsi dolcemente in una sorta di radura, dove un salice lambisce tre aiuole di aromatiche. Un pesco chiude a sud la prospettiva, riparando il fragoleto che ogni anno avanza di una fila in direzione est, verso un giovane pero e una pergola di rose. Al centro di questa stanza c’è l’aiuola rotonda e caotica cui affido semi dei quali ho dimenticato il nome, o che non so dove mettere: la sorte e la loro volontà riproduttiva fanno il resto. Sul lato chiuso dalla irruente siepe di lamponi sono allestiti il capanno degli attrezzi, il cumulo e il compost.
Poi ecco le aiuole degli ortaggi, larghe quanto il mio rastrello di ferro e separate da fasce  inerbite, esse pure di larghezza non casuale, corrispondente alla misura del tosaerba. Su queste particelle di prato i bambini possono alternarsi nelle attività senza inzaccherarsi di fango le scarpe. Vi sono però anche aiuole più larghe, per sperimentare le consociazioni, e aiuole di diverse forme geometriche, che i più piccoli misurano con i piedi – sempre rischiando di perdere l’equilibrio – mentre i grandi ne calcolano l’area e i sesti di impianto. Alla regolarità delle forme e delle file fa da controcanto la casualità delle macchie di camomilla e papaveri, di viole e dature, erba viperina, narcisi, malve, nigelle, girasoli, tagete e calendule…(come ci piace nominare uno per uno gli ospiti dei nostri orti e dei nostri giardini!).
L’orto vero e proprio termina con una serie di alberetti da frutto che si allunga verso sud e un ciliegio, maestoso patriarca, sotto la cui ombra a volte i bambini si mettono supini per leggere i disegni delle nuvole e ascoltare se l’erba, crescendo, fa rumore.
Sul fianco est dell’orto si apre la distesa del cosiddetto orto vecchio, dove avviavo le mie prime prove di ortolana e dove ora le zucche scorazzano padrone. L’appezzamento è un prato ampio, tanto da immaginarvi una  boschina con arbusti ed essenze tipiche locali, e uno stagno. Progetti mai realizzati perché incalzavano lavori più urgenti, ma soprattutto perché pongono questioni che non mi decido a risolvere. Come predisporre, ad esempio, le pareti dello stagno, con argilla o con telo di plastica? Piantare subito gli alberi o farlo con i bambini nell’ambito di un progetto didattico che per ora sembra non interessare nessun insegnante? Ma è poi giusto affollare di alberi e cespugli terrazzamenti un tempo coltivati a mais o trifoglio e ritmati da filari di viti e gelsi? Ripristinare quel frammento di paesaggio sarebbe filologicamente corretto o semplicemente velleitario?…
Quando l’acquistai, questa terra era inselvatichita, piena di rovi, sassi, arbusti e gramigna. Ai margini, quasi a segnare i confini, alcuni tassi barbassi. La mia fatica è stata ben remunerata:
accenno  all’ossessione in cui si era trasformato il desiderio di vivere a contatto con la natura, solo per lasciare immaginare la gioia che questa esperienza mi ha poi regalato. Gioia che ha subito chiesto di essere condivisa rendendo l’orto luogo di incontro, convivialità, conoscenza e scoperte in comune, trasformandolo infine in orto didattico. Al termine di ogni primavera vi si svolge “ORTO-GRAFIE”, giornata che ospita le più diverse espressioni creative, ma anche collezioni botaniche e soprattutto materiale frutto delle attività didattiche svolte con i bambini. E dei bambini, sempre complici e compagni ideali, l’Orto del Tasso Barbasso resta debitore dei suoi momenti più belli.                                                                                                     Luisa Gastaldo