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L'ORTO D'AUTUNNO

Angelo Lippi, curatore dell’orto botanico di Lucca e grande esperto di orticoltura, racconta come preparare l’orto d’autunno, e quali ortaggi coltivare.

Cos’è un giardino? Cos’è un orto?

 

Un giardino è un po’ come un sogno: nasce dalla fantasia e ognuno se lo fabbrica da sé. Infatti, chi potrebbe programmare le notturne evasioni della mente, pensando a tutte le piante che abbiamo visto, magari solo in fotografia? Credo invece che il sogno di un giardino segua una specie di regia, dettata dai ricordi e dalle impressioni che ognuno di noi ha ed anche, naturalmente, dall’ambiente.

 

E un orto? Per me, è un giardino, assai mutevole con il cambiare delle stagioni, dove crescono vegetali commestibili.

 

Perché non unire allora l’utile al dilettevole, facendo di ogni giardino un orto e di ogni orto un giardino?

 

E’ quello che da tanti anni tento di fare, anche se ancora non sono giunto al “termine dei lavori”. Negli anni ho cercato di unire l’utile al dilettevole, coltivando sì piante meno comuni o stranezze vegetali esotiche o meno, ma anche qualche insolito pomodoro o cetriolo o ravanello o piante da frutto (mele, pere, susine, ecc.) magari ponendole a stretto contatto le ornamentali.

 

Certamente, l’idea dell’orto/giardino o del giardino/orto, secondo quale dei due aspetti predomini, non è mia: da tempi ben lontani nei paesi orientali è in voga questa moda, diffusasi poi negli ultimi tempi anche in occidente, in particolare in Inghilterra e in Francia. In Italia se ne comincia a parlare; per ora siamo solo all’inizio, dopo un cinquantennio caratterizzato da uno squallore e da una monotonia nell’ambito del giardinaggio, senza eguali in altre epoche.

 

Come conciliare quindi queste due attività?

 

Bisogna subito premettere che l’orticoltura è spesso più esigente della coltivazione di piante ornamentali. In ogni caso, prima di intraprendere l’avventura orticola, è sempre bene dare un’occhiata da vicino al terreno disponibile, allo scopo di individuarne le carenze o gli eventuali eccessi in elementi nutritivi o anche strutturali.

 

Un’analisi accurata del terreno fornisce un dato di partenza importante per qualsiasi tipo di coltura: saprà dirci se il nostro suolo è povero di macro o micro elementi o anche di uno solo di essi, o se ha bisogno di correzioni che ne modifichino al meglio la struttura (terreni troppo compatti o troppo poco, acidi o alcalini, ecc.)

 

Nel caso, si interverrà con appropriate concimazioni che apportino gli elementi mancanti o ne modifichino la struttura. Alla base di un’ottima riuscita della coltivazione, è fondamentale una buona concimazione organica che apporta al terreno una quantità di humus, oltre che di elementi nutritivi, fondamentale per uno sviluppo armonico delle piante e una loro elevata resistenza alle malattie. Concimare, e in particolare concimare con concimi organici (ad esempio, stallatico) significa rivitalizzare il terreno, e la base per avere un orto sano è un terreno vitale, con almeno un 2% di humus. Una pianta in ottima salute, resiste molto meglio di quella malaticcia anche agli attacchi di eventuali parassiti.

 

Da tenere presente il letame: quello fresco è bene spargerlo sul terreno in autunno, mentre quello più maturo si può distribuire poco prima della lavorazione del terreno. La permanenza sul suolo nel periodo invernale del letame fresco, generalmente ricco di paglia, fa si che questo si trasformi in compost a opera di microrganismi, e sia quindi adatto a venire interrato in primavera; se sotterrato fresco, questo soffoca e si trasforma in una specie di torba.

 

Oltre le analisi del terreno, consigliabili comunque, possono essere indicatrici delle sue condizioni anche le infestanti che si presentano:

 

terreno con buon tenore di calcio: Silene alba, Cicoria selvatica, Calendula, lamio o ortica che non punge (Lamium purpureum), veronica, dente di leone;

 

terreno povero di calcio: felce aquilina, acetosella (Rumex acetosella), Stachys arvensis;

 

terreno acido: crisantemo giallo, digitale, viola (Viola tricolor);

 

terreno pesante: equiseto, dente di leone, ranuncolo strisciante (Ranunculus repens), piantaggine (Plantago sp. pl.);

terreno leggero: papavero, centinodia (Polygonum aviculare);

terreno umido: fior di cuculo (Lychnis flos-cuculi), camomilla (Matricaria chamomilla), ranuncolo selvatico (Ranunculus acer), menta (Mentha sp. pl.);

 

terreno asciutto: Sanguinella (Digitaria sanguinalis), Veccia (Vicia villosa).

 

A proposito poi del consumo di sostanze nutrienti da parte degli ortaggi, questi si possono suddividere in:

 

Ortaggi forti consumatori: tutti i tipi di cavoli, i porri, il sedano, i cetrioli, le zucche, gli zucchini, il rabarbaro, i pomodori, i peperoni, le melanzane. Essi hanno bisogno di un terreno ricco di humus e di elementi nutritivi; il terreno destinato a queste coltivazioni va ben concimato preventivamente con una buona dose di letame.

 

Ortaggi medi consumatori: la carota, la scorzanera e la bianca, le insalate, la barbabietola rossa, i ravanelli, le rape, il finocchio, gli spinaci, l’aglio e la cipolla, i cardoni e i carciofi, le patate. Il terreno destinato a questi ortaggi non hanno bisogno di forti dosi di letame, che comunque, se apportato, deve essere ben maturo, in particolare per le bulbose o tuberose.

 

Ortaggi deboli consumatori: le leguminose (fagioli, piselli, ceci, fave, lupini) in genere; queste prosperano bene anche in terreni dove l’anno prima erano piantati ortaggi forti consumatori e addirittura migliorano la fertilità del terreno per mezzo delle loro particolari radici, dove solitamente albergano batteri del genere Rhizobium, in simbiosi con molte leguminose, che hanno la proprietà di fissare l’azoto atmosferico. In questo caso, non occorrono concimazioni, in particolare quelle azotate, mentre possono essere utili quelle fosfo-potassiche.

 

Ma veniamo ora, dopo questa breve premessa sul terreno che credo sia fondamentale per avere buoni risultati non solo in orticoltura, ma anche nel giardinaggio, al nostro tema: l’orto giardino o il giardino orto.

 

Molti di noi hanno già un giardino e magari, senza stravolgerlo completamente, lo vogliono far diventare un giardino-orto. Quali sono gli interventi da fare per avere buone possibilità di ottenere in questi spazi, spesso già occupati da altre piante, un orto rigoglioso?

 

Data la stagione, vi parlerò naturalmente dell’orto-giardino relativo al periodo autunno-invernale. Bisogna anzitutto trovare il modo di disporre di alcune aree in cui vi sia una buona disponibilità di luce per l’intera giornata. Molti ortaggi, infatti, non prosperano se posti in posizioni di mezzombra o ombra, inoltre la vicinanza di piante arboree o anche arbustive di grosse dimensioni, fa si che il terreno sia spesso “invaso” dalle radici di queste piante, molte volte anche assai in superficie (basti pensare all’apparato superficiale e infestante della comune mimosa).

 

Minore fastidio lo danno certi fruttiferi (peschi, albicocchi, ecc.), in particolare per le colture autunno-invernali, anche se la caduta delle foglie rende necessario un lavoro di pulizia abbastanza arduo.

 

Ciononostante, se proprio gli spazi disponibili sono pochi, è possibile coltivare alla base di fruttiferi o di piante ornamentali a fogliame caduco ortaggi poco esigenti e con apparato radicale poco profondo, quali ad esempio cipolle, agli, scalogni, ravanelli, rape. Un discorso a parte meritano i sempreverdi (conifere, lecci, magnolie, ecc.), che in generale proiettano sul terreno un cono d’ombra tale da non consigliare nessuna coltura sottostante; fa eccezione l’olivo, che con la sua debole ombra permette la coltivazione al pedale, oltre che delle ortive già dette, anche di altre piante che magari traggono vantaggio dalla non indifferente protezione costituita dallo stesso fogliame dell’olivo.

 

Si può quindi, ad esempio, coltivarvi sotto il prezzemolo, magari proprio nel periodo freddo, dato che spesso, se messo all’aperto in pieno campo, tende a subire danni più o meno consistenti dal gelo; l’impianto conviene effettuarlo all’inizio dell’autunno, magari acquistando le piantine già pronte anziché seminarle in quanto la nascita del prezzemolo è molto lunga e richiede attenzione (annaffiature continue); inoltre, vi nascono contemporaneamente anche le infestanti, mentre, nel caso del trapianto, queste ultime vengono soffocate dallo sviluppo veloce del prezzemolo. L’eventuale raccolta delle olive con la rete non creerà grossi problemi alle piantine, se stiamo un attimo attenti a non calpestare o strappare con il telo le medesime.

 

Ricordo molto bene alcuni oliveti posti sopra casa mia, dove i contadini usavano fare questa coltivazione, ricavandone un utile non indifferente portando il prodotto al mercato ortofrutticolo nei mesi invernali.

 

Sempre sotto la chioma degli olivi, è possibile coltivare numerose specie aromatiche, che trarranno anch’esse vantaggio dal microclima riparato e luminoso che si crea sotto di essi; mi viene in mente ad esempio l’origano, che spesso si trova anche spontaneamente in questo habitat, la maggiorana, la nepetella (Calamintha nepeta), molto adoperata in Toscana ma che tende a sparire dalla pianura quando arrivano i primi freddi: si ritrova però, guarda caso, quasi sempre negli oliveti; ancora il pepolino (Thymus vulgaris) o il timo (Thymus serpyllus) o ancora la santoreggia di monte (Satureja montana), per non parlare della salvia, del rosmarino e delle loro innumerevoli cultivar.

 

Sotto gli olivi è possibile ricavare anche piccoli giardini rocciosi per aromi, magari arricchiti con qualche ornamentale quale ad esempio bulbose o rizomatose (Iris, giacinti, narcisi, ma anche lavandule o piccoli melagrani, mirti, primule.)

 

Visto che stiamo parlando del periodo autunno-invernale, continuiamo a vedere cosa può esserci di interessante (senza peraltro trascurare l’aspetto ornamentale) per questo periodo.

 

Certamente, adesso, la fanno da padrone i cavoli. Qualche fila di cavoli fiori o addirittura un’aiola, con le loro grandi teste bianche ed il fogliame esuberante, alternato da cavoli broccoli con la testa scura o anche rosso-violacea in alcune cultivar, farà certamente un grande effetto! Ma anche altri cavoli, dal verza al cappuccio (quest’ultimo disponibile anche con foglie blu scuro) e magari la caratteristica e resistentissima braschetta toscana, frammista a qualche cavolo ornamentale (anche questi, peraltro, commestibili) possono formare spazi, angoli o aiole degni di un giardino e utilissimi per … insalate, verdure cotte e zuppe!. I cavoli, se piantati per tempo (se messi a dimora troppo tardi, non hanno il tempo di raggiungere il pieno sviluppo prima che venga il freddo) costituiranno l’ossatura di un orto/giardino di grande effetto.

 

Un’ultima cosa: i cavoli sono disponibili sul mercato in piantine o a radice nuda (i primi sono senz’altro da preferire) a maturazione scalare, vale a dire che si trovano quelli che sono pronti da ottobre a dicembre (di 1°), poi da dicembre a febbraio (di 2°) e infine da febbraio a aprile (di 3°). Piantati alternativamente, si possono fare aiole dove si vedono poco gli spazi lasciati dai cavoli tolti.

 

Spesso i cavoli vengono attaccati da una farfalla, la cavolaia, che depone le uova sulle parti tenere, diventando poi bruchi; questi rovineranno non poco l’aspetto dei cavoli o li brucheranno del tutto. Anziché i metodi chimici, consiglio un’alternativa “ecologica”: comperate una rete tipo quella usata per le raccolta delle olive o quella impiegata per evitare che gli uccelli danneggino la verdura tenera: stendetevela sopra, evitando così alle farfalle di arrivare sulle foglie del cavolo per deporre le uova. La rete potrà poi essere tolta a fine autunno, quando le cavolaie scompaiono.

 

Ancora di grande effetto ornamentale, per il periodo invernale, possono essere le insalate.

 

Per questo periodo, non si possono certo coltivare insalate molto tenere, quelle per intenderci, del gruppo delle lattughe, perché facile preda dei geli e anche perché, a mio parere, in inverno si preferiscono insalate più consistenti; bisogna rivolgersi così alle indivie (Cichorium endivia) disponibili nella forma crispa (insalata ricciolina), con foglie profondamente laciniate disposte in grandi rosette e nella forma latifolia (la scarola) con foglie larghe, spatolate, dai margini appena frastagliati, con costola larga, anch’esse disposte in ampie rosette.

 

Anche il radicchio (Cichorium intybus) nelle cultivar a foglie colorate in rosso scuro (Rosso di Treviso, rosso di Chioggia, ecc. e le var. a foglie pluricolori (verde, bianco rosso,) quali ad esempio il “variegato di Castelfranco o la Luisia, possono dare una nota di colore non indifferente al nostro orto/giardino. Anche le cultivar a foglia verde-bianco sono notevoli, in particolare il “Pan di zucchero”, molto resistente al freddo, che forma un grosso grumolo allungato, bianchissimo all’interno.

 

La piantagione si effettua all’inizio dell’autunno; le piantine possono essere acquistate già pronte o, se preferiamo, si possono seminare a partire da agosto. La semina è preferibile farla in contenitori, picchettando le plantule in vasetti che verranno, quando saranno ben sviluppate, messe in piena terra senza subire lo stress del trapianto. Comunque, a meno che uno non voglia coltivare varietà fuori commercio, è più agevole l’acquisto delle piantine, disponibili in tutte le varietà citate ed altre ancora, già dal mese di agosto.

 

L’ideale è ricavare piccole aiole o strisce di terreno, anche lateralmente al giardino, magari – perché no – sacrificando qualche pianta ornamentale che ci è venuta negli ultimi tempi un po’ a noia; naturalmente, in un piccolo giardino o in spazi piuttosto angusti, non si potrà pretendere di ricavarne un raccolto per tutto l’autunno-inverno, ma già la soddisfazione di avere qualche pianta di insalata in questi periodi può ben ripagarci appieno del lavoro fatto!

 

Dopo la piantagione, che deve essere fatta dopo aver ben concimato e sminuzzato il terreno, le piantine devono essere messe a dimora non troppo larghe, in modo che, in particolare le indivie, cerchino naturalmente di chiudere il cespo che si forma, imbiancando così internamente; si può anche racchiuderle e legarle con fili plastificati, sia la riccia che la scarola, ma il loro consumo deve avvenire abbastanza presto, altrimenti, con la pioggia e il freddo, le piante legate tendono a marcire facilmente.

 

Io consiglio, come già detto, di mettere le piante a distanza abbastanza ravvicinata, per esempio 20-30 cm, in modo che le foglie tendano naturalmente a rialzarsi da terra (evitando anche problemi di marciume), e chiudendosi così verso l’interno; inoltre alterno le varie cultivar, cercando di formare sia un disegno con le varie forme dei cespi che una tavolozza di colori (rosso scuro, verde-rosso, bianco, ecc.), creando un buon effetto ornamentale; in effetti, quando devo cominciare a raccogliere l’insalata, mi dispiace sempre un po’.

 

Devo anche dire che io e la mia famiglia, forti consumatori di insalata, non siamo patiti dell’insalata bianca pura, anzi mi sembra che senza un po’ di clorofilla, manchi qualcosa!

 

Un’ultima avvertenza: in località molto fredde, è opportuno prevedere un minimo di copertura sopra queste insalate, che altrimenti vengono più o meno danneggiate dal gelo persistente.

 

Man mano che si tolgono queste insalate, si può anche prevedere la messa a dimora di bulbose primaverili per il fiore reciso (tulipani in particolare), che toglieremo poi da quel terreno all’inizio della primavera (non gettate via i bulbi che, posti in un angolo del giardino senza togliere le foglie, possono regalarci un’altra fioritura l’anno successivo, seppure in tono minore!) per destinarlo ad altre colture orticole o floricole estive.

 

Altri ortaggi utilizzabili in giardino nel periodo invernale sono la bietola, i finocchi e i cardi, infine alla rucola.

 

La bietola, almeno per il periodo invernale, è consigliabile coltivarla in un angolino riparato, anche in pochi esemplari che saranno impiegati quasi esclusivamente per zuppe e alcuni contorni; per usi più consistenti è preferibile affidarsi alla bietola primaverile-estiva, di dimensioni maggiori e che ricaccia con più facilità. Per l’inverno, infatti, si preferisce la cultivar a foglie con picciolo stretto e fogliame più piccolo, assai più resistente al freddo che le bietole a costa larga e bianca e foglie grandi.

 

Anche i finocchi, generalmente, vengono coltivati nell’orto-giardino in piccolo numero: poiché sono piante sensibili al freddo, conviene calcolarne il consumo fino al mese di dicembre al massimo, dopodichè i geli di gennaio generalmente rovinano le piante. Le giovani plantule, ottenute da seme o comperate, possono essere messe a dimora a fine agosto/settembre (non prima, perché le piantine seminate all’inizio di luglio, spesso pronte già a metà agosto, generalmente montano poi a seme: la semina, qualora ci si volesse cimentare, va eseguita per la luna calante di luglio!) messi quindi a dimora fra le piante di cavoli o anche in aiole o ovunque siano disponibili spazi non necessariamente grandi, in quanto bastano anche 10×10 cm di distanza fra pianta e pianta.

 

I finocchi devono essere ben innaffiati e concimati, con concimi organici o anche con complessi chimico-organici a basso titolo di azoto; quando le piante avranno fatto un buon grumolo, si procede alla loro rincalzatura, sistemando la terra tutt’intorno alla pianta, in modo da assicurare loro anche un buon riparo per il freddo.

 

I cardi o cardoni, detti gobbi in lucchesia, richiedono spazi più ampi, e quindi non sempre è possibile coltivarli in spazi angusti; oltre però all’aspetto gastronomico, se lasciamo in giardino qualche pianta di cardone, in primavera inoltrata avremo una pianta che ci regalerà una fioritura bellissima e duratura, formata da capolini spinosi di un bel colore blu-bianco.

 

La coltura del cardone può partire da seme, però già in maggio, o anche, se gli spazi non sono disponibili in quel momento, in agosto-settembre per trapianto delle giovani piante facilmente reperibili già da agosto. Naturalmente i cardoni impiantati tardivamente hanno necessità di un autunno a clima mite per svilupparsi adeguatamente, mentre quelli fatti da seme sono già sviluppati adeguatamente in ottobre.

 

I cardoni vanno messi a dimora ad almeno 50 cm di distanza fra pianta e pianta e 1 m fra le file; per le semine, si procede poi al diradamento in giugno. E’ preferibile coltivare varietà inermi e non troppo grandi del cardo, altrimenti ce ne pentiremo quando dovremo legarli e lavorarli per il loro sotterramento!

 

In ottobre-novembre, quando le piante si sono ben sviluppate, si procede all’operazione più importante: l’imbianchimento. Del cardone si consumano infatti le coste e la parte interna, rese più tenere e bianche togliendo loro la clorofilla. Questo processo va eseguito prima dell’arrivo dei geli, legando bene le foglie tutt’intorno alla pianta e poi ricoprendole con un film di polietilene nero, in modo che non vi arrivi più la luce e ottenendo così l’imbianchimento nell’arco di 15-20 giorni.

 

Ma per il periodo invernale questa tecnica non vale: l’acqua che rimane nella pianta così legata, gela e fa marcire la pianta intera. Si usa quindi un altro processo che consente, oltre che l’imbianchimento, anche una protezione notevole per il freddo (Per molti, fra cui il sottoscritto, questo è il metodo migliore). Vengono infatti scavate trincee a fianco di ogni pianta, in cui poi, senza tagliare il fittone, vengono sistemate pianta dopo pianta, ricoprendole quindi con la terra e lasciando emergere solo la parte apicale. La pianta assume così una forma ricurva, donde il nome locale di “gobbo lucchese”.

 

Anche in questo caso, dopo 15-20 giorni il processo di imbianchimento è a buon punto e si può procedere al dissotterramento del cardo, togliendo naturalmente le parti marcite e le foglie verdi apicali, lasciando così le coste più bianche che vengono impiegate in cucina in vari modi: lessate, fritte, in umido; a me personalmente, piace moltissimo il cuore del cardo in pinzimonio.

 

Infine, da utilizzare nel misto delle insalate non solo invernali, la rucola che, seminata all’inizio dell’autunno, si mantiene buona fino quasi alla primavera. Di coltura assai facile, bisogna solo stare attenti a non seminarla eccessivamente fitta e in posizioni soleggiate.

 

Da qualche tempo è anche disponibile, presso alcuni vivai, la ruchetta perenne (Diplotaxis tenuifolia) che forma piccoli cespugli da cui è possibile in ogni stagione prelevare foglie dal sapore ancora più forte rispetto alla rucola classica; questa rucola perenne tende a diventare invasiva, occupando in poco tempo anche gli spazi vicini; è opportuno quindi coltivarla in spazi marginali, dove non si rischia di dover intervenire per togliere poi l’infestante.

 

La stessa procedura di semina della rucola vale con i ravanelli, che così dureranno molto a lungo a causa della stagione e dei giorni corti; seminati all’inizio di ottobre, di solito si mantengono buoni fino a Natale; il gelo ha poco effetto su di essi.

 

Andiamo ora a parlare di piante molto richieste negli orti/giardini sia per la relativa facilità di coltura che per la copiosa fioritura e la successiva, appetitosa fruttificazione: sono senza dubbio le fragole.

 

La fragola è una pianta piuttosto vorace, che ama sole e acqua in abbondanza nel periodo vegetativo. L’impianto può avvenire in qualsiasi periodo dell’anno, in quanto si trovano piante coltivate in vaso in ogni stagione. Il loro costo è però assai elevato, se coltivate in contenitore, mentre è più abbordabile se acquistate quando, sul finire dell’estate, si trovano piante in vendita a mazzetti, solitamente tenute in frigo per ottenere fragole forzate in serre in periodi inverno-primaverili.

 

Io solitamente non le pianto subito a dimora nella parcella preparata, perché spesso le piante, fra il freddo che hanno patito e il caldo ancora presente nel terreno, subiscono uno stress tale per cui ne muore una buona quantità. Preferisco rinvasarle in vasetti di plastica in un buon terriccio, per metterle a dimora quando sono ben radicate e le piogge di fine estate hanno rinfrescato il terreno. Ci sono poi diverse soluzioni per evitare che i frutti maturi, toccando il terreno, marciscano o si imbrattino; chi usa il film di polietilene nero, ottimo anche perché, mantenendo il calore, tende ad anticipare la produzione di fragole e risolve quasi il problema delle infestanti, ma forse poco adatto in terreni argillosi perché tende a compattare il terreno, rendendolo poi difficile da annaffiare.

 

Personalmente uso un prodotto impiegato in edilizia, la LECA, che spargo fra una pianta e l’altra fino a ricoprire il terreno che comunque rimane sempre ben permeabile, anche se dovrò togliere qualche malerba qua e là.

 

La raccolta delle fragole si protrae per le rifiorenti per un lungo periodo, ma ho visto che poi, all’arrivo del caldo estivo tutte più o meno si fermano. A questo punto, anziché annaffiarle quando ce lo ricordiamo o lasciarle vegetare stentatamente, è preferibile tagliare loro tutto il fogliame più o meno disseccato, lasciando solo il cuore delle piante e stendendo sul terreno che occupano uno strato di 3-5 cm di terriccio organico o stallatico perfettamente decomposto.

 

Prima dell’autunno, dalle piante così sistemate, rispunteranno giovani germogli sani e robusti, che l’anno successivo ci daranno un nuovo e maggiore raccolto. Con questo metodo, inoltre, le piante di fragola mi sono durate anche dieci anni, mentre normalmente intristivano dopo due o tre.

 

Un’altra pianta ortiva, che si raccoglie in inverno, è notoriamente il porro. Questo si pianta d’estate e si sistema orizzontalmente nel solco in modo che, crescendo sotterrato per buona parte, lo stelo commestibile rimanga più tenero. La coltivazione è relativamente facile, pur necessitando di una buona concimazione e di frequenti adacquature, fino a che non iniziano le piogge autunnali.

 

Il grosso problema del porro però è una mosca, che depone le uova sulla pianta; queste, una volta schiuse, si trasformano in bruchi famelici della parte più tenera e quindi di quella interrata, rovinando così il raccolto dei porri. Il sistema tradizionale prevede anche in questo caso trattamenti con insetticidi; molto più semplice ed efficace invece associare alla coltivazione del porro la carota: ne trarranno beneficio entrambe.

 

E’ un dato ormai certo che l’odore della carota ha un forte effetto ripulsivo sulla mosca del porro, che così lascerà indenne quest’ultimo dall’infestazione; è altresì vero che il forte odore del porro (ma anche quello della cipolla e dell’aglio, che quindi possono essere coltivati in consociazione) ha un odore altrettanto repulsivo nei confronti della mosca della carota, che procura a queste danni analoghi a quelli provocati dalla mosca del porro.

 

Con questa consociazione si raggiunge il duplice scopo di allontanare due temibili insetti dalle nostre colture.

 

Basta appunto seminare una fila di carote (molto rade!) accanto ai porri per ottenere porri e carote senza alcun trattamento antiparassitario.

 

Prima di parlarvi infine di qualcosa di ornamentale per questi giardini autunno-invernali, vi debbo anche dire che dove avete coltivato in un dato appezzamento di terreno un qualsiasi ortaggio, non è bene ripiantarlo nuovamente. Bisognerebbe attendere più anni, in particolare per ortaggi forti consumatori ma, visto che in piccoli spazi non vi è spesso questa possibilità, attendiamo almeno un anno prima di riproporlo nel solito posto e comunque dopo una adeguata concimazione organica.

 

Anche nelle coltivazioni cosiddette “miste”, dove si coltivano più ortaggi con esigenze diverse e con tempi di maturazione diversi, bisogna stare attenti. Molti ortaggi non tollerano oppure gradiscono la presenza di altri vicini e quindi, se costretti, vegeteranno o molto bene oppure molto stentatamente.

 

Per esempio il pisello non ama stare vicino all’aglio, le barberosse non sopportano porri e patate, l’aglio non va d’accordo con i cavoli in genere, mentre è gradito dai pomodori, dai cetrioli, dalle barberosse, dalle carote; ci sono tante altre combinazioni ancora di cui è bene tenere conto se non vogliamo partire a far l’orto con il piede sbagliato.

 

Anche in questo periodo autunno-invernale, così povero di fiori, qualcosa è sempre possibile ammirare nel nostro orto/giardino, Qualche aiola o ciotola potrebbe ospitare delle piante di Iberis semperflorens, che con le sue bianche fioriture massive già nel periodo invernale ci renderanno meno triste l’inverno; e che dire del profumo che si comincia a sentire già in dicembre, del Calicanto d’inverno (Chimonanthus fragrans), con i suoi numerosissimi fiorellini gialli, penduli, già schiusi spesso per Natale?

 

Certo, la pianta per eccellenza in questo periodo è l’Agrifoglio, in tutte le varie specie e forme, ma anche un bel nespolo del Giappone, con i suoi profumati fiori bianchi e un fogliame verde scuro, coriaceo, ci può allietare in queste uggiose giornate invernali. E che dire del corbezzolo? I suoi frutti ormai rossi e il bel fogliame persistente ne fanno una delle piante più belle della nostra flora anche in inverno, cui riservare sempre un posto in giardino, anche se piccolo. Anche certi fruttiferi minori, quali l’azzeruolo o certe varietà di meli ornamentali, con i numerosi frutticini appesi ai rami per lungo tempo, fanno pensare a decorazioni natalizie create quasi appositamente.

 

Stavo quasi dimenticandomi delle camelie, in particolare delle C. sasanqua e degli ibridi da essa derivati. Poche piante hanno per me un fascino così sottile come queste piante: il loro bel fogliame, i fiori generalmente grandi ma quasi sempre semplici con stami molto evidenti e i vivi colori, ne fanno piante di grande ornamentalità; ma quello che mi colpisce di più è soprattutto il loro profumo particolare, che mi fa venire alla mente fantastici luoghi remoti di paesi orientali. Con queste camelie è possibile avere un giardino fiorito da ottobre a febbraio, quando poi inizierà la fioritura della Camellia japonica. Perché sono ancora così poco impiegate?

 

Non voglio infine parlare delle ormai troppo frequenti pansè, ma certo una bella aiola o ciotola riempita di queste, magari quelle a fiore piccolo che mi sembrano molto più “naturali” di quegli enormi ibridi che generalmente ci propongono, ha sempre un certo effetto.

 

E le bulbose? Personalmente ho una fila di Nerine che generalmente cominciano a fiorire in ottobre, ma quest’anno, forse per la stagione sinora molto secca, hanno iniziato a vegetare da poco pur piene di bocci; speriamo che arrivino tutte a fiorire! Le altre bulbose non si vedono ancora ma presto, alcune già in gennaio, come certi crochi o narcisi, ci allieteranno se avremo avuto l’accortezza di piantarli per tempo, già in ottobre.

 

Per concludere,l’orto-giardino ci darà grandi soddisfazioni sia sotto l’aspetto ornamentale, ma soprattutto avremo anche l’intima soddisfazione di consumare qualche ortaggio o frutto ottenuto con le nostre mani!