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LA STRANA COPPIA: IL COMPOSTER E LA GALLINA

La strana coppia: il composter e la gallina
La compostiera è entrata a far parte del panorama dei nostri giardini e periodicamente riaffiora nell’immaginario di noi contadini di città. Ne aveva una la mia vicina nei cotonatissimi anni ottanta, scomparsa nei glitteratissimi anni novanta per poi riaffiorare ora, negli austerissimi anni duemila. Utilissima certo ma siamo sicuri di conoscerla? Si parte entusiasti, lodando le magnifiche sorti progressive del nostro scatolotto in plastica, solitamente verdone o grigio e poi, beh si sa come va con certe cose che sono più prossime all’alchimia che al giardinaggio o all’orticoltura. Perché sfido chiunque a non ammettere che compostare sia un’arte, dove dosare con mano sapiente e paziente questo piuttosto che quello, secco ed umido, caldo e freddo, come in un atanaor piazzato tra verze e pomodori. E bisogna dimenticare le entusiastiche previsioni di sei, sette mesi per poter disporre di compost da spandere a pieni mani: un anno, anche con aiutini vari, diventa una previsione accettabile, dovendo lottare, tra l’altro, con la fame del composter che, come un essere primordiale, continua a nutrirsi delle secchiate di scarti che gli versiamo fiduciosi. I nostri vecchi lo avevano capito che per certe cose ci vuole tempo, lasciando decomporre con calma tutto, in quella che a Brescia chiamiamo la “buca della grassa”. E proprio parlando con il classico contadino d’esperienza  mi è sorto un dubbio. Anche facendo tutto a puntino, noi aspiranti sciamani, siamo sicuri di non aver trascurato qualcosa? Come da manuale per iniziare ad allestire giardino ed orto abbiamo analizzato in maniera più o meno hi – tech il nostro terreno, valutato il suo ph ma ci siamo mai chiesti che ph e che composizione ha il nostro compost? Analizzarlo non sarebbe un’idea malvagia. Acidità et similia sono qualità che vivono anche nella compostiera. E bisognerebbe tenerne conto quando andiamo a mettere poi il compost sul terreno. Ma soprattutto ci avete mai pensato in che misura vanno ad incidere scarti di cucina, anche quelli permessi dalla varia manualistica? Quanto con la loro carica di salinità, dal momento che poco o tanto saliamo le vivande, per non parlare dei dadi da cucina? Al momento, nel dubbio, potendo disporre di un pezzo di verde graziato dal piano regolatore, ho risolto il dubbio scarti di cucina rispolverando una mia vecchia conoscenza: la gallina. Reminescenze di periodi parigini, dove vendevano polli a ridosso del Louvre, appunti per uno studio sugli orti di guerra, un caro amico che ha ritrovato una varietà rara di gallina “spazzina” del fu centro sperimentale di Rovigo, mi hanno portato alla quadratura del cerchio. Tanto in Francia quanto nell’Italia tra gli anni Trenta Quaranta i miti animali da cortile si nutrivano degli scarti della tavola, contribuendo a ridurre i rifiuti e producendo delle ottime uova ma anche della pollina che, forte per certi terreni, nel compost va che è una meraviglia e non ha la carica di salinità degli scarti di partenza. Certo la gallina oggi è diventata quasi un lusso, da allevare solo se si dispone o di vasti spazi o di vicini tolleranti, ma volendo e potendo, potrebbe diventare un anello fondamentale nella catena del bio – orticoltore, in quel misterioso microcosmo che risponde al nome di composter.
Vittorio Nichilo