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LA CINA PUO' ATTENDERE?

Per dare inizio a questo portale quasi rinunciavo alla Cina. Ero andata allo studio aiGranai di Lucca, situato (guarda un po’) in via degli Orti 10; lì avrei incontrato Gabriele Meschi, Aldo Matteelli, Carlo Bruno e Raffaele Cossa per realizzare www.ortidipace.org.

Nella mia inesperienza, avevo immaginato un paio d’ore per sistemare tutto: impostare la grafica,  l’ingegneria, immettere i primi testi. Invece costruire un portale, e tenerlo vivo, richiede molto più tempo di quanto avevo immaginato. Ma allora non posso andare in Cina, avevo esclamato. Non si può mica abbandonare un progetto così bello proprio all’inizio, quando è ancora tutto da fare e decidere, e poi bisogna restare in contatto con gli amici dell’orto.
Rinunciare è parola grossa, e nemmeno sincera: perché alla fine non ho rinunciato proprio a tutto, solo a un pezzo. È stato un sollievo: come potevo stare via un mese intero, tra aprile e maggio: vi pare che in una stagione del genere si possano abbandonare a cuor leggero l’orto, il giardino, lasciare indifese le viti proprio quando andrebbero irrorate di rame e di zolfo?
Quando avevo cercato di spiegarlo a chi mi aveva invitata, mi era stato  chiesto:  ma per te è più importante l’orto o la Cina? La Cina, avevo balbettato con la morte nel cuore.
La Cina è troppo grossa, troppo potente, troppo nuova e interessante per non schiacciare con la sua straordinaria importanza il mio piccolo orto, sempre lo stesso e mai, tuttavia, proprio lo stesso.
Come sostenere che è più importante l’orto? Tanto più che l’umiltà connaturata da millenni al lavoro dei campi, al contatto, appunto, con l’humus, ha abituato chi lavora e ama la terra a provare soggezione verso chi, dopo tutto, impone da millenni una gerarchia di valori estranea alle campagne. I valori di chi fa paura.
D’altronde, se non avessero vinto la prepotenza, la cultura della guerra e l’ideale della crescita economica oltre ogni ragionevole limite, la Cina e tutti gli altri stati forse non esisterebbero, non in questa forma almeno, e al posto di tante periferie malandate ci sarebbero un’infinità di rigogliosissimi orti.
Tanti orti di pace.