Letture

IL KAKI DI NAGASAKI seconda puntata

Ambiente e Dignità dell’Uomo
Brescia – XIV Convegno Provinciale – 21/10/2010
Associazione Culturale Italo Giapponese Fuji (www.fujikai.it)
La rinascita del tempo – L’albero di kaki di Nagasaki
In un piccolo villaggio del Giappone, lontano dalle grandi città, viveva Kenjū, un ragazzo molto buono ma con problemi di intelligenza. Per il suo ritardo mentale veniva continuamente preso in giro dai compagni e anche dagli adulti. Con il passare degli anni le cose non migliorarono affatto. Semplice e tranquillo, il ragazzo mostrava in ogni circostanza un viso caratterizzato da un riso perenne.
Dietro la sua casa c’era un vasto terreno incolto e in un angolo Kenjū aveva piantato 700 semi di “sugi”, i giganteschi alberi di cryptomeria, gli alti cedri che si trovano un po’ dappertutto in Giappone. All’inizio della primavera, quando la neve non s’era ancora sciolta del tutto, Kenjū chiese al padre di poter utilizzare il terreno spoglio di vegetazione per trapiantarvi dal vivaio le 700 piantine di cedro. Il fratello maggiore si oppose all’idea, affermando che il terreno non era adatto. Il padre, però, acconsentì alla proposta: era la prima volta che il giovane Kenjū aveva espresso un desiderio personale, voleva realizzare una sua iniziativa e non poteva deluderlo.
Il vicinato, conosciuta la cosa, cominciò a beffeggiare Kenjū e la sua famiglia. In quel terreno non sarebbero mai cresciuti dei cedri e, poi, di alberi in giro ce n’erano fin troppi! Kenjū, tuttavia, non si arrese, né rinunciò al suo progetto, neanche quando il prepotente Heiji, un giovane che voleva avere sempre ragione, cercò di ostacolarlo e fermarlo anche con le minacce.
Per cinque anni i cedri crebbero come tutti gli altri alberi. A un certo punto, però, la crescita sembrò fermarsi. Dopo otto anni l’altezza degli alberi era ancora ferma a due metri e mezzo. Kenjū, prendendo sul serio le parole che un contadino aveva detto per scherzo, aveva tagliato tutti i rami più bassi dei cedri e la loro crescita in altezza s’era fermata. Sembrava una foresta di alberi nani, un bosco di bonsai. Il fratello maggiore, che pure non nascondeva un sogghigno di fronte all’insolita scena, per consolarlo gli disse che almeno aveva prodotto della buona legna da ardere.
Un giorno, Kenjū si accorse che i ragazzi, di ritorno da scuola, si fermavano a giocare volentieri tra i suoi cedri e il suo cuore ne fu pieno di gioia. Il suo bosco serviva a far divertire i ragazzi del villaggio!
Heiji, però, non voleva proprio saperne del bosco. Con il pretesto che gli alberi pregiudicavano la fertilità del suo campo limitrofo, insisteva perché il bosco fosse assolutamente abbattuto. Minacciava, poi, di passare alle vie di fatto. Furono solo la determinazione di Kenjū e il supporto del fratello maggiore, nonostante tutti gli scherni e le beffe, a salvare i 700 alberi.
Trascorsero gli anni: Heiji e Kenjū si erano intanto entrambi ammalati ed erano passati a miglior vita. Il bosco, però, continuava ad essere luogo di ritrovo e di divertimento per i bambini e i ragazzi del villaggio. Con il passare del tempo anche il borgo s’era trasformato. Ormai era diventato una città; erano sorti edifici e fabbriche in ogni spazio libero e tutti gli alti sugi del circondario erano stati tagliati per le costruzioni. Era rimasto solo il bosco di Kenjū di cui la gente non ricordava neppure più il nome. Era l’unico polmone che permetteva alla città di respirare e ai ragazzi di giocare all’aperto.
Dopo circa vent’anni, uno scienziato che era nato in quel villaggio ed insegnava in una università americana tornò per rivedere i luoghi che lo avevano visto bambino. Tra le uniche cose che riconobbe ci fu il bosco di Kenjū dove a lungo aveva giocato felice. Alle autorità cittadine che lo avevano accolto con stima e deferenza raccontò tutta la storia di Kenjū e di come, stoltamente, la gente aveva messo in ridicolo la piantumazione del bosco. Fece quindi una proposta, subito accolta, di chiamare quella sola oasi verde rimasta in città “Parco Kenjū”: il monumento erettovi ricorda a tutti, ancora oggi, il grande dono di Kenjū alla sua città e la raccomandazione a tutti i ragazzi di non permettere a nessuno di distruggere quel tesoro.
L’artista giapponese Tatsuo Miyajima, all’origine del “Progetto dell’albero del kaki – Rinascita del tempo”, si rifà a questo breve racconto del poeta e scrittore Kenji Miyazawa (1896-1933) per sottolineare l’importanza dei piccoli gesti, fatti da persone di poco conto, per la realizzazione di grandi ideali. In fondo, a questa verità rimanda anche il progetto dell’albero di kaki di Nagasaki.
A 17 anni, durante una gita scolastica, Tatsuo Miyajima conobbe gli orrori causati dalla prima bomba atomica. Visitando il museo di Hiroshima, collocato nel parco della pace di quella città, s’impresse nella sua mente e nel suo cuore quanto rimaneva degli oggetti e delle testimonianza di migliaia e migliaia di vittime dell’olocausto atomico. Racconta come da quel momento, pur non avendo fatto l’esperienza per ragioni di età del bombardamento atomico, pur non avendo amici o parenti morti a causa della bomba, pur non essendo nato a Hiroshima, non riusciva più a dimenticare la grande tragedia che aveva colpito anche tanti studenti della sua stessa età e gettava un’ombra cupa, necrofila, su tutta l’umanità.
Nel 1992 una sua opera – “La morte del tempo” – raccontava proprio la visione senza speranza dell’artista nei confronti del futuro del genere umano. Nel 1995, in occasione di una mostra sul tema della bomba atomica a Nagasaki, Miyajima venne a conoscenza dell’albero di kaki sopravvissuto al bombardamento atomico – annerito, pieno di protuberanze che somigliavano a cheloidi, con metà del tronco danneggiato – e del botanico Masayuki Ebinuma che se n’era preso cura e che da qualche anno distribuiva ai ragazzi delle scuole pianticelle provenienti da quell’albero, come segno di pace.
Fu questo incontro a far rinascere la speranza nel cuore dell’artista e a dare inizio al progetto dell’albero del kaki di Nagasaki. La storia del vecchio kaki, vittima della bomba, ma ancora coraggiosamente vivo, le pianticelle alte una ventina di centimetri tutte protese verso il futuro, il messaggio di pace che i ragazzi riportavano nelle loro scuole e famiglie piantando i piccoli alberi di kaki, ridiedero fiducia nell’uomo all’artista. L’intesa perfetta tra Miyajima ed Ebinuma, e poi di uno stuolo sempre più numeroso di volontari, permise la nascita di un progetto di arte, che proprio in quanto arte supera le barriere del tempo. D’ora in poi, in qualsiasi luogo si fosse piantato un alberello discendente dal vetusto e malandato kaki di Nagasaki, soprattutto se con la presenza di ragazzi, si sarebbe realizzata un’opera d’arte, accompagnata da altre espressioni artistiche (danza, teatro, disegni, poesie…). Le piante di kaki, che crescono rigogliose disseminate per il mondo, sono diventate il segno della rinascita della vita e del tempo! Raccontano anche quanto sia meravigliosa la pace, quanto sia preziosa la vita, quanto più grande sia la dignità dell’uomo quando si dedica alla solidarietà piuttosto che alle distruzioni della guerra. La storia non è qualcosa di morto, ma una realtà che continua e che viene realizzata anche dai piccoli gesti di ragazzi che, come Kenjū, piantano un albero e rinnovano la propria consapevolezza di pace. Da questi gesti tutti possono ricavare forza per costruire un futuro migliore.
Dopo l’esposizione alla Biennale di Venezia nel 1999 dell’opera di Tatsuo Miyajima sul Kaki di Nagasaki, il suo progetto ha cominciato a diffondersi anche in Italia e la provincia di Brescia è la zona d’Italia che ha eseguito più piantumazioni di alberelli provenienti da Nagasaki. Queste servono per non dimenticare: la memoria degli uomini non è di lunga durata e di tanto in tanto c’è bisogno di questo tipo di segni che ricordino l’orrore della guerra, il significato della vita, il legame tra persone e popoli diversi, l’ideale dell’arte che è libertà e gratuità.
Mi piace concludere con quanto scrivevo a valle della piantumazione dell’albero del kaki nel cortile del Museo di S. Giulia a Brescia il 21 marzo 2000, piantumazione avvenuta alla presenza di tanti studenti di molte scuole della città. Nel mondo sono presenti ancora molte guerre, molte lotte tra gruppi e popoli: conflitti tra ricchi e poveri nelle Americhe e su tutto il pianeta, combattimenti etnici e vere e proprie guerre in Africa, Europa ed Asia… Sulle rovine materiali ed umane che sempre la guerra provoca può germogliare un futuro migliore, quando finalmente l’uomo ormai saggio ha imparato, come è scritto davanti alla fiamma perenne che brucia nel parco della pace a Hiroshima, a non ripetere mai più gli errori e l’orrore del passato. A questo messaggio di serena speranza richiama l’attenzione l’umile e modesto albero di kaki; un messaggio che non è frutto degli sforzi dell’intelligenza umana ma quasi un dono dall’alto come sembra suggerire il breve poema di Santōka Taneda (1882-1940):

月から Tsuki kara

Volteggiando

ひらり

Hirari

Una foglia di kaki

柿の葉

Kaki no ha

Giù dalla luna.

Rosario Manisera (Presidente Associazione Fuji)
Kaki-tree-project e Marcia mondiale per la pace e la nonviolenza
La Marcia mondiale per la Pace e la nonviolenza[1] nel territorio bresciano ha mosso i suoi primi passi nella primavera del 2009. Nel nostro andare siamo venuti a conoscenza dell’interessante storia dell’albero della pace e del Kaki-tree-project.
Il Coordinamento bresciano della Marcia mondiale sta seguendo in modo particolare il progetto di piantumazione del piccolo albero di kaki proveniente da Nagasaki e che verrà ospitato dalla primavera del 2011 nel giardino della nuova scuola a Castenedolo, comune conosciuto per la Valsella (l’azienda che fino a metà degli anni ‘90 produceva mine antiuomo). Prima di questo importante evento verranno organizzati alcuni incontri con gli studenti della scuola secondaria di primo grado. Proprio partendo dal bombardamento atomico del 1945, analizzando il suo significato storico, si affronterà l’affascinante storia dell’Albero della pace, facendo un’analisi anche dell’ambiente che ci circonda; molto importante per le stesse condizioni di pace. A maggio abbiamo chiesto ai bambini come immaginavano lo spazio che avrebbe ospitato il loro kaki della pace. Con entusiasmo si sono messi all’opera realizzando veri e proprio progetti.
A un anno dal terremoto, siamo riusciti a ottenere la piantumazione del kaki di Nagasaki, sempre per la primavera del 2011, anche nel giardino di una scuola a L’Aquila. I ragazzi di questa città hanno bisogno di ritrovare la loro pace e questo umile albero trasmetterà grande speranza là dove c’è stata grande distruzione. Durante i giorni dei nuovi trattati di non proliferazione atomica a New York, abbiamo voluto essere portatori del semplice e grande messaggio che quest’albero trasmette.
Sono ancora vive in noi le parole che abbiamo sentito pronunciare dal sindaco di Hiroshima il 2 maggio scorso a Times Square, a New York, poche ore dopo un fallito attentato (eravamo alla vigilia della Conferenza di Riesame 2010 dei membri del Trattato di Non Proliferazione Nucleare – Tnp: “In una della sue canzoni John Lennon dice che da soli tutto rimane un sogno, insieme diventa una realtà”. Noi sappiamo che questo è possibile ogni momento che osserviamo gli alberi che ci sono nel nostro territorio. Concludiamo anche noi con una poesia, scritta da una ragazzina di 12 anni sul tema della pace con stupende immagini che ci evocano la Natura, quella che ci ha insegnato che si può andare oltre la forza distruttiva dell’essere umano.
Pace
Pace,
un arcobaleno di gioia,
diffonde la luce,
in un cielo di cupe verità,
colomba di speranza.
Pace, un fiore,
che dona profumo d’amore,
al cuore di chi la cerca.
Pace,
bacino di acqua, limpida e armoniosa,
tranquilla e lieve.
Ma ecco, un ondata di odio
La sommerge…
Ma la pace,
nell’onda di urla strazianti,
sopravvive, aspetta
Un giorno arriverà…
Nel sorriso di un bambino,
nel sole che fa capolino,
in un bocciuolo coperto di rugiada,
nell’aria fresca del mattino.
Tiziana Volta

Mondo senza guerre e senza violenza, Brescia – Coordinamento bresciano Marcia mondiale

 

Piantumazioni del kaki di Nagasaki avvenute in località bresciane fino ad oggi (2010)
BRESCIA (2000) COLLE S. GIUSEPPE – CASTELLO MALVEZZI (2009)
DESENZANO DEL GARDA (2004) BRESCIA – SANTA GIULIA (2010 – Decennale)
LENO (2008) BIENNO (2010)
REZZATO (2008) COLLEBEATO (2010)
ROVATO (2008) PISOGNE (2010)
COCCAGLIO (2008) SALÒ (2010)
CASTEGNATO (2008) TRAVAGLIATO (2010)
MONTORFANO – Tavolo della pace Franciacorta(2008) TRENZANO (2010)
GUSSAGO (2009) CAZZAGO SAN MARTINO (2010)
CELLATICA (2009) VALLIO TERME (2010)
Per informazioni sul Kaki Tree Project, cfr. http://kakitreeproject.com/

 


[1]              Progetto promosso nel 2009 dall’Associazione umanista Mondo senza guerre e senza violenza, che ha visto nel suo andare dalla Nuova Zelanda all’Argentina la partecipazione di milioni di persone in nome della pace attraverso la nonviolenza.