Letture

IL BISCIO

Un fatto bizzarro mi spinge al racconto.
Una famiglia di tedeschi, ospiti dell’agriturismo, mi ha raccontato che una sera in auto, di ritorno da un giro turistico, hanno incidentalmente schiacciato, sulla stradina sterrata che porta qui, un lungo serpente.

Il giorno appresso, quando sono di nuovo passati sul luogo dell’incidente, li aspettava il Sandron, il contadino che ha l’orto qui vicino e che spesso mi da buoni consigli e esempi sul da farsi.

 

Il Sandron si è arrabbiato con loro urlando: “Come mai avete ammazzato il mio biscio?” La discussione è presto finita anche perchè loro, tedeschi, poco o nulla intendevano di come mai quel vecchio garfagnino fosse arrabbiato con loro.

 

Io me la son cavata con una battuta dicendo che noi maschi italiani s’invecchia male perché  prendiamo troppi caffè che ci fanno, alla lunga, diventare irascibili e nervosi. La battuta del caffè è piaciuta e la questione biscio è finita li. In vacanza in Toscana loro son felici di sole, d’aria, di colori, d’odori, di chiese e di case.

 

Ma la frase del Sandron mi ritorna in mente, in questi giorni di lotta contro le erbe infestanti nell’orto e le ascelle dei pomodori.

 

“Come mai avete ammazzato il mio biscio?”

 

In quella morte, avvenuta sotto una delle rare macchine che passa sulla stradina impervia che porta a casa mia, il Sandron ha intravisto un fatto drammatico. Il biscio rappresenta il magico equilibrio biologico dell’orto. Il biscio insieme alla poiana assicura la cattura delle talpe che minacciano i frutti dell’orto. Una minaccia che arriva da sotto terra, dalla parte oscura, invisibile.  Il Sandron in quella morte ha visto un presagio? Il contadino governa, in modo silenzioso e umile, una piccola parte delle incredibili energie della Terra verso la produzione di un frutto, di una foglia, di un bulbo e in questo trova nemici e alleati. L’orto vuole l’uomo morto. Questo è il prezzo. Il lavoro dell’uomo, il suo sudore di biblica memoria. In cambio la terra da la certezza del sopravvivere. Non è poco. Non è male il sentire che comunque quella terra darà cibo. E’ dopo la certezza della sopravvivenza che parte il resto, tutto il resto e con il resto l’arte che pare distinguerci dall’animale.

 

“Come mai avete ammazzato il mio biscio?”

 

Ma quell’equilibrio magico si può spezzare e si può spezzare in un attimo. Ci sono alcuni elementi del gioco dell’orto che sono deboli, leggeri. Il biscio e con lui l’uomo.

 

Mi è capitato di stare in adorazione davanti a un vecchio uomo ultranovantenne e pensare che se si tagliasse in due si vedrebbero tanti cerchi quanti anni ha vissuto, come per gli alberi.

 

Mi è capitato spesso di vedere giovani vite morire e pensare che i cerchi erano troppo, troppo pochi.  Mi è capitato di pensare che i miei cerchi cominciano ad essere tanti.

 

“Come mai avete ammazzato il mio biscio?”

 

Vedere il suo biscio morto è stato un colpo per lui che da anni soffre d’un male che, come Jacopo m’ha detto: “Nemmeno i “dottoroni” di Milano sanno diagnosticare!” Un male oscuro che minaccia di allontanarlo dall’unico luogo dove le ansie interiori si acquietano: l’orto.

 

 

Oggi ho trovato le tracce del cervon nel mio orto. Ha attraversato il campo di patate, ha indugiato nei pressi degli zucchini e delle cipolle, poi ha succhiato una pianta lasciandola come la cannuccia cianciata di un bambino.

 

Lui ha sentito i miei odori, io ho sentito i suoi.

 

“Come mai avete ammazzato il mio biscio?”

 

Le campane suonano l’inizio del 22 giugno. Fra due notti le streghe e gli streghi raccoglieranno le noci verdi per le magiche pozioni.

 

L’usignolo canta all’impazzata.

 

Buonanotte.