Letture

IL BASILICO VARIETA' “MAZINGA Z”

di Ilaria Beretta
Una delle cose che  possono dare più piacere a chi ha un orto in Liguria e contermini è coltivare il basilico per poi fare il famoso pesto alla genovese. Tra l’altro, visto il costo degli umidi mazzetti e il sapore delle foglioline che non è sempre intenso, avere per sé un piccolo quadrato di preziose pianticelle è un vero lusso, che giustifica ampiamente l’impegno.

A Genova si dice che il miglior basilico sia quello cresciuto sulle alture di Prà, una delle circoscrizioni del capoluogo ligure, perchè in quelle terre a ridosso del mare sembra siano morti in era napoleonica migliaia di cavalli durante uno scontro di truppe. La sanguinosa concimazione unita all’aria di mare sarebbe dunque all’origine della superiore qualità del basilico nostrano.
Nel mio orto, a trenta chilometri dalla costa, la concimazione si fa con lo stallatico più classico, però c’è l’aria di mare, che aggira il monte Tobbio e arriva esattamente fino alla mia casa, e solo alla mia: il resto del paese è schermato dal monte. Del resto questa è stata la prima casa costruita in zona, nel ‘600, dai monaci cistercensi, e gli antichi posizionavano le abitazioni a ragion veduta, non come accade oggi alla purchessìa.
Il basilico, dunque.
Nell’orto, con l’aiuto di quattro assi alte più o meno venti centimetri, ho preparato un rettangolo di terra sopralzato che ho riempito di buon terriccio biologico. Lì ho sparso con l’aiuto di una manciata di sabbia i semi di basilico, in modo più o meno uniforme, ricoprendoli poi di un velo di terriccio, che avevo messo da parte. Ecco fatto, aspettiamo, mi sono detta.
Quando ho raccontato la cosa a una contadina delle vicinanze, mi ha detto “Errore”. E io ho detto “Aiuto.” E poi ho aggiunto “Ma perché?” La buona donna mi ha spiegato che i semi di basilico non si coprono mai. In più era pure luna calante, periodo indicato come migliore per la semina, mentre il basilico si mette in luna crescente, se no va in “semenza”, cioè diventa subito un bastoncino legnoso con dei simpatici fiorellini bianchi, molto decorativi, ma addio pesto.
Infatti, sono passate le settimane, ma nella cassettina del mio orto non è cresciuto niente. Così ho riprovato. In luna crescente, senza ricoprire i semini, e ho atteso, ma niente è cresciuto sotto il sole.
Per contrastare una punta di scoramento, ho bevuto una doppia dose di caparbietà e mi sono detta, non sia mai che queste mani genovesi (rubate all’agricoltura), in questa terra mezza genovese (e mezza piemontese), con questi semi genovesi (era garantito sull’etichetta), non debbano riuscire nell’impresa. Così ho riseminato.
Questa volta con il metodo misto, un po’ mio e un po’ della contadina: luna calante ma senza coprire i semi.
Avrei provato succesivamente anche luna crescente con copertura dei semi ma qualche folletto dell’orto, stanco di assistere sempre al solito penoso spettacolo a cadenza mensile, mi è venuto in aiuto.
La mattina successiva alla semina una strana inquietudine mi aveva preso, così, senza una ragione precisa. Avevo deciso di andare a fare due passi in giardino e di lì passare a dare un occhiata all’orto e alla silente cassettina del basilico. Ma quale silente!
Il piccolo appezzamento che per due mesi era rimasto immobile e vuoto, adesso appariva come il traffico cittadino nell’ora di punta visto da un grattacielo.
Un via vai continuo, un brulicare rosso e nero sulla terra appena schiarita dalla prima luce; mi sono avvicinata per guardare meglio: formiche. Formiche con ognuna sulle spalle il carico di un semino di basilico. Alcune anche in coppia per portare via il malloppo. Facevano cordone, e andavano a snodarsi in una buca poco distante dalla cassetta, che non avevo notato prima.
Ecco perché non avevo visto neppure una fogliolina di basilico! Se lo portava via l’operoso esercito delle formiche, questo nelle favole mica lo dicono, cioè che le formiche sono anche un po’ “ladrone”.
Ritorno dalla contadina, le spiego l’accaduto, quella si fa una risata, bisogna mettere intorno la cenere così le formiche non ci arrivano!
Circondo la cassetta di cenere, ma dopo la semina mi accorgo che le formiche hanno cambiato percorso, si sono scavate un varco nella muraglia di cenere e sono passate lo stesso, infilandosi tutte, con i miei semi, nel buchetto che deve essere l’apertura del loro formicaio.
Quattro sacchetti di preziosi semini andati perduti, ma non demordo: cercherò qualche altro modo, per intanto vado a comperare altre due confezioni di semi di basilico genovese. Cerco su Internet, vado all’agraria di fiducia, mi si prospettano altre soluzioni, ma sono tutte cruente, rispetto alle formiche, e non mi va che il combattimento tra me e loro sia ridotto a “gigante schiaccia creaturine, benchè razziatrici!”. Ci deve essere una soluzione, basata sull’astuzia, sull’intelligenza, sto pensando a una sorta di gioco degli scacchi ortofrutticolo. Ma si, pensiamo agli scacchi, e anche a qualche altra mansione domestica, da fare al chiuso, perché intanto fuori si è messo a piovere forte e di riseminare non se ne parla.
Piove per tre giorni di fila, la mattina del quarto giorno il cielo è talmente azzurro e terso da sembrare un mare calmo rovesciato, nessuna nuvola lo solca, nessun indugio o ripensamento verso il maltempo dei giorni passati. Sotto questo cielo mi avvio nell’orto e in giardino, il profumo migliore al mondo è quello della terra calda sotto il sole impregnata delle varie essenze che le piante rilasciano. Scendo la scalinata dove si alternano rose Piaget a vasti cespugli di rosmarino, sono stordita e inebriata.
Le assi che delimitano il rialzo dedicato al basilico sono imbevute d’acqua ed emanano ancora l’odore dell’albero che sono state. Con il basilico, tutto da rifare, devo aspettare che la terra sia più asciutta e friabile per permettere ai semi di essere immediatamente abbracciati dopo il trauma della caduta.
Ma nei giorni successivi piove ancora, poi c’è  di nuovo il sole, nitido come nei disegni dei bambini. Passano circa tre settimane e finalmente il tempo sembra stabilizzarsi, ormai non siamo più nella luna giusta per seminare, mi toccherà aspettare.
Quando ritorno nell’orto quello che vedo è, in sequenza, particolare-strano-molto strano-strabiliante. Poco lontano dal terreno dedicato al basilico, l’imboccatura del formicaio non esiste più, al suo posto una miriade di piantine di basilico, cresciute tutte insieme, che ne ha divelto la piccola apertura e, certamente, la galleria d’entrata principale. Probabilmente le formiche, golose, hanno pensato di fare manbassa in tutta fretta, senza portare i semi nei depositi più profondi e lasciandoli in un parcheggio provvisorio più in superficie e facilmente raggiungibile dall’umido e dalla pioggia. Come nei primi cartoni animati giapponesi di tanti annni fa, dove l’eroe spaccava la terra in cui era in qualche modo assopito e combatteva contro i cattivi, il basilico, bagnato da rovesci torrenziali alternati al sole schiacciante, è germogliato, ha spaccato la terra, divelto il formicaio e adesso brilla di verde davanti a me.

Tramontanino di Parodi Ligure, luglio 2007