Letture

DAI DIARI DI TOLSTOJ

Lev Nikolaevic Tolstoj amava il lavoro dei campi. Falciava, partecipava insieme ai figli al raccolto del grano, teneva di gran conto l’agricoltura. Ho trovato nei suoi Diari alcuni brani. Vorrei condividerli insieme a voi. Eccoli qui. (Pia Pera)

1888,    27 novembre Se riesci a essere agricoltore dentro di te, trovi anche la terra; ma se non ci riesci, con nessun mezzo lo diventerai.
2 aprile 1906  Negli ultimi anni mi si è fatto assolutamente chiaro che il modo di vita agricolo non è solo uno fra i tanti modi di vita, ma è la vita – come la Bibbia è il libro – la vita stessa, l’unica vita umana, con la quale soltanto è possibile il manifestarsi delle qualità più alte dell’uomo. L’errore principale nell’organizzazione della vita umana, e tale che esclude la possibilità di qualsiasi organizzazione razionale della vita, è che gli uomini vogliono organizzare la società senza la vita agricola  o in modo che la vita agricola sia solo una e la più bassa forma di vita. (…) La pace è il bene materiale più alto della società umana come la salute è il bene materiale più alto del singolo individuo. Così hanno sempre pensato gli uomini. E la pace è possibile solo per i contadini. Solo i contadini si nutrono direttamente col loro lavoro. I cittadini si nutrono inevitabilmente col lavoro altrui. Per loro lo Stato è possibile e necessario. Per i contadini è superfluo e esiziale. (…) Solo col lavoro agricolo può aversi una vita razionale, morale. L’agricoltura indica cosa è più e cosa è meno necessario. Essa guida razionalmente la vita. Bisogna toccare la terra. (…) La tenerezza e la gioia che noi proviamo guardando la natura è il ricordo del tempo  in cui eravamo animali, piante, fiori, terra. Più precisamente: è la coscienza della nostra unione col tutto, che il tempo ci nasconde.
10 ottobre 1906 Camminavo. Meravigliosa mattinata d’autunno, quiete, caldo, verde dell’erba, odore delle foglie. E gli uomini, al posto di questa natura meravigliosa coi campi, i boschi, l’acqua, gli uccelli, gli animali, si costruiscono nelle città un’altra natura artificiale con le ciminiere delle officine, i palazzi, i locomobili, i fonografi.  È terribile e non puoi farci niente.
27 giugno 1907  Stamani ho sentito in modo così chiaro, certo, com’è preferibile l’esistenza dei falciatori nei prati rugiadosi di primo mattino, o anche nel calore del sole di mezzogiorno, allo squallore del suo padrone, irritato coi suoi giornali e il suo caffè, col suo incattivimento, la sua amarezza e le sue emorroidi.
14 ottobre 1897 Noi non conosciamo la vita della terra e per questo la consideriamo morta, così come un insetto che vive solo un’ora considera morto il mio corpo perché non lo vede in movimento.
20 febbraio 1903  I fautori del socialismo sono gente che tiene conto prevalentemente della popolazione cittadina. Essi non conoscono né la bellezza e la poesia della vita in campagna né le sue sofferenze. Se la conoscessero non vorrebbero, come fanno ora, distruggere questa vita, sostituirla con gli agi cittadini, ma si sforzerebbero solo di liberarla dai suoi mali.