Letture

GIANFRANCO ZAVALLONI: UN RICORDO DI TEODORO MARGARITA

Asso, 20 agosto 2012, sole rovente.
Non si può uscire, fuori il sole ti scimunisce, stamane, pur passato accanto alla posta, ho dimenticato almeno un paio di volte cosa dovevo mai farvi.
I giornali dicono che questo anticiclone, Caligola, come l’han chiamato, apporterà ancora altra afa.
Eppure, mentre d’intorno gli orti sembrano afflosciarsi su se stessi, questo di Cranno appare l’Eden.
Colori sgargianti, profumi, farfalle che ti svolazzano accanto, come si spega questo miracolo?
Non uso acqua a pioggia nè impiego mezzi chimici nè ritrovati della biotecnologia.
Solamente le mani, solamente le mani ed il cuore.
Chiamatela agricoltura sinergica, chiamatela permacultura, agricoltura naturale, consociazioni, anche costellazioni o biodinamica, tutto quello che volete ma i miei fiori in questo agosto torrido sorridono.
Sarà anche che una zucca lagenaria si arrampica tra cetrioli-limone e pomodori datterino, sarà che degli astri fuoriescono in mezzo alle zinnie, sarà che violetti, rossi, arancioni, bianchi si mescolano al verde del basilico , che le creste di gallo fanno capolino tra i peperoni sigaretta lombardi…
sarà per tutta una serie di disordinate combinazioni ma il mio orticello non mi pare stia poi così male.
No, al mattino presto, verso le sei, ci vado e mi godo tutti gli odori ed il fresco che promanano dall’orto, svelo un altro trucco? L’orto è situato tra un alloro, un bosso, alcuni salici, un fico annoso e gli fanno da amorevole ombrellone, eh eh, ci doveva essere qualche mamma e papà premuroso a coprire il pargolo troppo ardimentoso. Ed ora che questi alberi, per il torrido e bollente sole stanno perdendo molte foglie, lo ricoprono e pacciamano, difendono anche se stesse, le piante, conservando al suolo umidità preziosa ed elementi nutritivi.
L’acqua la dò solamente dopo il tramonto e cerco di usarne meno possibile e con l’innaffiatoio, irrigo soltanto quando le essenze mostrano di boccheggiare, non prima. Esse devono imparare a cercarsela con le radici, non impigrirsi.
Quest’orto, quest’insieme di creature vegetali è dunque un organismo vivente naturale artificiale, naturale perchè tutti i semi provengono dalla tradizione rurale, italiana o mondiale, naturale perchè non vi entra, se tramite inevitabili correnti, nulla che sia di sintesi chimica.
Articiale perchè queste consociazioni le ho create io, i tutori li ho ben infissi nel terreno e le piante si arrampicano e giocano attraverso i vari ed aerei percorsi combinati.
Eh si, l’orto di Cranno è un bambino. Un bambino al quale è stato insegnato a gestirsi da solo, fornendogli i migliori compagni e l’aula didattica più bella. A quest’orto sono state raccontate favole, intorno, sui muri del casotto ci sono murale col pennello e attrezzi agricoli antichi appesi, ci sono anche giocattoli che qui capitano anche bambini-umani, mica solamente peperoni da allevare.
Gianfranco, e voi tutti, suoi amici, voi, fratelli Zavalloni, voi mi dovete perdonare se per ricordare questa quercia forte ho parlato di un micro-orticello da poche decine di metri quadri, se ne ho parlato in questo pomeriggio in cui tenere i tasti in riga è difficile, davvero caldo.
E’ che questa notizia mi ha lasciato basito, non ci si può credere, non è possibile, Gianfranco?No , non è giusto. La madre di mio figlio, Silvia, fotocopia e diffonde con pazienza suoi scritti, con i suoi “Diritti dei bambini” ci abbiamo allevato il nostro e ne consigliamo la lettuira a tutti i nostri amici che hanno bimbi. Mi dovete perdonare se ho parlato dell’orto di Cranno, ma è in un orto di pace che vi ho vissuto con te, Daniele, con voi fratelli Zavalloni, i momenti più belli, ricolmi di speranza, di una speranza tanto più vera in quanto non politica ma umana.
Era qualche addietro, ricordate? Il convegno a Cesena, presso di voi, sugli Orti di pace. C’era Pia Pera, c’erano persone da tutta Italia che poi saremmo andati a trovare, poco alla volta, uno alla volta, con mio figlio. Persone prima che progetti, individui prima che istituzioni.
Come te, Gianfranco, persone che ridono e mangiano insieme, quell’assemblea di Civiltà Contadina ed eravamo in tre o quattro, i ravioli al radicchio, ricordi? Perchè le cose si fanno e si fanno meglio lontano dagli schermi televisivi, si fanno anche in pochi, non c’era più posto nel vostro bel salone in legno e tanti non erano potuti venire.
Ma è giusto, tu cercavi ed hai avuto un luogo in cui ciascuno potesse ascoltare e conversare, raccogliere idee, semi, uscire un attimo, circolare per il vostro bellissimo terreno, la fattoria didattica, oasi per animali, piante ed umani.
Tu, come altri fratelli in Brasile e c’era quella bella mostra, io, qui a Cranno, sull’isola del Giglio dove i detenuti assieme a Marco praticano veterinaria omeopatica e agricoltura biodinamica.
Gianfranco, è caduta una quercia, ma, come nella poesia di Brecht, sei stato una quercia che non ha mai smesso di crescere e di aiutare a crescere altri, le tue ghiande sono state feconde. Altri ti ricorderanno come direttore didattico, critici d’arte loderanno le tue magnifiche illustrazioni, chissà quante mai altre cose buone avrai realizzato, tu, nella tua Romagna, ma dovrai perdonarmi, a meno di non dovermi rimettere daccapo a parlare di te.
Ricomincerei dall’orto. Si, imperterrito, Gianfranco, perchè è dall’orto di pace che bisogna partire, dall’orto, luogo prediletto di didattica e di svago, di apprendimento giocoso. Che mille monelli possano arrampicarsi sugli alberi che voi Zavalloni avete messo a dimora, che possano imparare a non cadere e riconoscere la frutta matura, che non scaccino via i merli e dividano a metà le ciliegie con loro!
E questo, carissimo Gianfranco, è il mio commiato, il mio saluto più fervido, il mio abbraccio più forte.
Teodoro Margarita