Letture

UN LOMBRICO PER AMICO

1, 2, 3, 4, 5.
I bambini iscritti al laboratorio, tutti maschi, tra gli otto e gli undici anni, non sono molti. Ma ricchi di entusiasmo. Sono venuti per giocare con le argille rosse montelliane, come recitava la locandina, e per toccare con mano i lombrichi: ma che posto insolito, per farlo, una biblioteca comunale (quella di Giavera del Montello, nella campagna trevigiana.) Eppure…
Un breve giro di presentazioni. E cominciamo senz’altro ad avvicinarci all’esperienza partendo da una semplice domanda: la terra ci nutre, ma chi nutre la terra?
Certo non i concimi chimici di sintesi, concordiamo. Piuttosto i lombrichi, ma come?
Ne sanno già molto, i cinque entusiasti, ma c’è ancora tanto da scoprire. Ad esempio che i lombrichi si nutrono di residui organici in decomposizione e perciò non sono di alcun danno alle radici delle piante; che passano il tempo a voltare e rivoltare la terra, a scavare cunicoli e pertugi attraverso i quali acqua e ossigeno possono circolare facilmente, rendendo la struttura del terreno più stabile; che tutto questo loro ingurgitare terra e residui organici genera copiose deiezioni, dette turricoli, ricche di principi nutritivi (sali minerali), in grado di vivificare il suolo.
Ma soprattutto, con stupore e gioia, si scopre che il più significativo studioso di lombrichi è stato nientemeno che Charles Darwin, noto a tutti più per le teorie sull’evoluzione delle specie che per la passione vermicola.
Ebbene, anche grazie agli studi e agli scritti del naturalista inglese, creiamo un identikit del verme di terra: famiglia, genere, specie, habitat, caratteristiche generali, abitudini alimentari, curiosità e aneddoti e, ciò che ci interessa di più, ruolo del verme medesimo nella creazione di humus, sorta di terriccio scuro, soffice e fertile. E per ciò stesso ospitale per ogni forma di vita.
Ma siamo in una biblioteca, come detto, e dunque ci prendiamo del tempo per sfogliare alcuni testi illustrati e leggere qualche brano tratto da una nutrita bibliografia sul tema. E così sfogliando e leggendo veniamo a sapere, tra le altre cose, del grande amore dei lombrichi per le storie, i libri, la carta e, più precisamente, la cellulosa. Ne sono ghiotti, a quanto pare.
A questo punto, allestiamo un vero e proprio lombricaio con vari strati e tipi di terreno montelliano, e residui vegetali.
Infine, chi con paletta, chi con un’improvvisata forchetta, chi a mani nude, ci apprestiamo a cercare, con estrema cura, i veri protagonisti del pomeriggio, i lombrichi, per poi, sempre con cura, ospitarli nell’accattivante lombricaio artigianale. Meraviglia! Dopo pochissimo tempo i vermicelli rosa già cominciano ad accasarsi e a scavare le loro numerose e rocambolesche gallerie, e noi sorridiamo soddisfatti: tocca ammetterlo, ci siamo fatti dei nuovi amici.
Una buona esperienza, insomma. Soprattutto per bambini non più abituati, e perciò oltremodo desiderosi, di sporcarsi sanamente le mani: perché entrare in contatto con la terra, la Natura, con ciò che vive, e muore, e ancora rinasce, riporta al centro di se stessi, all’essenza dello stare al mondo. Semplicemente: manipolare la terra, entrarci in relazione fisica, sensoriale, fa stare bene ed è bello.
E nel frattempo, dal territorio, ci è arrivata la richiesta di replicare il laboratorio: segno che i piccoli lombrichi crescono…
per l’Associazione Culturale Terrae Odorosae
Maurizia  Bordin